CambioCanale S01E08: Boss in Incognito – uno spaccato dell’Italia lavoratrice

Da Halfblood @halfblood

A cura di Penny

È andata in onda ieri sera la prima puntata del nuovo reality di RaiDue Boss in incognito, format mutuato dal palinsesto inglese – dove ha fatto il botto – e  condotto dall’ormai collaudato Costantino della Gherardesca.

Lo sviluppo è molto semplice: il presidente/amministratore delegato di un’azienda per una settimana si allontana dalla propria famiglia e dagli agi connessi al suo status per calarsi nella realtà dei suoi dipendenti, così da poter eventualmente anche sondare gli umori e cogliere le falle del sistema-impresa.

La puntata di ieri sera ha visto come protagonista il presidente dell’altrimenti ignota – almeno qui a Milano – 7camicie, azienda che, come dice il nome stesso, produce l’immancabile capo di ogni guardaroba maschile e/o femminile. Uomo dabbene sulla cinquantina camuffato come eccentrico finto giovane biondo ossigenato.

Le prove, strutturate in cinque giorni consecutivi, andavano dall’impiego come commesso all’attività nella rete di distribuzione, fino alla cucitura e realizzazione materiale nelle sedi in Turchia.

Di per sé il programma non ha niente di che, e la scarsa spiegazione data all’inizio della trasmissione lascia molto perplesso lo spettatore su come una cosa del genere possa essere credibile (Come mai questo si presenta per un giorno al lavoro in negozio e poi sparisce per sempre? Come mai tutti i dipendenti che incontra gli narrano vita morte e miracoli, pur essendo perfetti estranei?); ciò che è apprezzabile invece è l’aspetto dato alle interazioni con i dipendenti, nei panni dei tutor per le diverse prove, che lasciano cogliere le molteplici facce dell’Italia lavoratrice del 2014.

Madri single che devono crescere i figli piccoli con un solo stipendio tra mille sacrifici, figli che si trovano costretti a lavorare fin da giovani per aiutare economicamente la famiglia, donne di mezza età (fascia esodate) che temono da un giorno all’altro di poter perdere il lavoro e rimanere in un limbo tra età lavorativa e pensione; insomma, storie che forniscono un esempio vivo dei dati che costantemente ISTAT, Ministero del Lavoro, dell’Economia etc etc sciorinano e che i giornali non fanno a meno di pubblicare e commentare in maniera piuttosto astratta.

Al termine della settimana poi il boss convoca i tutor nel suo ufficio e spinto da spirito di magnanimità cerca di ricompensarli per la possibilità di “crescita umana” che gli hanno offerto, pagando ad una il viaggio che tanto desiderava, all’altra l’università per il figlio, all’altra ancora garantendo un lavoro a tempo indeterminato, in un’atmosfera da happy end che risulta sicuramente la parte meno realistica del programma.

In ogni caso, tolto il finale felice, ammesso che sia difficile trovare boss così clementi e comprensivi, c’è da notare che in fin dei conti la TV è fonte di speranze (più o meno) verosimili ma ogni tanto può indurre chi la guarda semplicemente a credere in un sogno. E se questo sogno, per una volta, non riguarda il mondo dello spettacolo, ma il mondo vero, quello della gente comune, che si fa in quattro per il lavoro e per garantire una vita dignitosa a sé e alla famiglia, noi non possiamo che accogliere questo nuovo programma con benignità.


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