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Cambogia, quando turismo non significa nulla di buono

Creato il 25 novembre 2013 da Pietro Acquistapace

Cambogia, quando turismo non significa nulla di buono

Viaggiare è fondamentale nella formazione di un individiduo, il confronto tra culture non può che portare a nuove scoperte, migliorando la conoscenza di sé oltre che dell’altro. Tuttavia esistono vari modi di viaggiare, e non tutti sono positivi, come un osservatore nemmeno troppo tempo può constatare entrando in Cambogia provenendo dalla Thailandia e più precisamente da Bangkok.

Tra i backpackers Khao San è un quartiere molto noto della capitale thailandese, avendo la fama di essere ricco di ostelli a poco prezzo e ristoranti economici, peccato che non sembri nemmeno di essere in Thailandia. Purtroppo molte persone, che definire viaggiatori è davvero fuorviante, quando lasciano le mura di casa si aspettano d trovare… le mura di casa, ma con un tocco di avventura in più. Queste persone finiscono con lo stare sempre tra di loro, senza minimamente cercare di capire il contesto in cui sono state catapultate da qualche pubblicità suadente, e, cosa peggiore, privi del minimo rispetto per la diversa cultura del popolo che li ospita.

A Bangkok questi turisti sono le vittime preferite delle numerose truffe travestite da viaggio verso la Cambogia, o per meglio dire Siem Reap. Attirati dal prezzo davvero basso (e si parla tuttavia di qualche dollaro risparmiato) questi incauti turisti vengono messi su bus che procedono molto lentamente verso il confine cambogiano, a volte addirittura puntando verso un punto di confine più lontano del consueto Poipet, arrivando di notte e obbligando i passeggeri a dormire in guest house “convenzionate”. Altra forma della truffa è il visto cambogiano a prezzo maggiorato, rilasciato nei parcheggi del posto di guardia da funzionari di dogana complici.

Una volta a Siem Reap, porta per i templi di Ankgor, i polli spennati dimenticano la loro dabbenaggine nei locali del centro della cittadina, dall’esplicito nome di Pub Street. Pagando per una birra il triplo del prezzo normale cambogiano qui i turisti occidentali si divertono tra loro, mischiandosi ai pochi locali che possono permettersi tali spese, flirtando ed ubriacandosi sotto gli sguardi di qualche ragazza cambogiana che vede nel ragazzotto occidentale di turno un modo per racimolare qualche soldo facile, con una gamma di opzioni che parte dal drink offerto per arrivare molto più oltre. Insomma a due passi da uno dei complessi religiosi più belli del mondo si consumano riti dedicati ad un Dio di altra natura, quello della globalizzazione che, tramite il denaro, rende ogni posto identico all’altro.

Siem Reap rischia di diventare un grande luna park, come se non bastessero le sale da gioco aperte sul confine da cinesi e thailandesi, vera anomalia in un paese ancora alle prese con i postumi di una storia recente piena di sofferenze. Vedendo turisti comportarsi in tale maniera vengono molti dubbi sul modo corretto di viaggiare, forse anche cercare di diventare parte del contesto vivendo come la gente del luogo (cosa impossibile) è solo un atto di arroganza, ma allora qual’è il senso del viaggio? Perdere la propria identità per non acquisirne nessuna, diventando a tutti gli effetti degli estraniati? Sono davvero molte le domande che chi viaggia dovrebbe porsi, ma in ogni caso non bisogna  scegliere bus troppo economici in partenza da Khao San e diretti a Siem Reap.

Fonte immagine: Wikicommon


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