Permanendo il regime di Paul Biya e dei suoi accoliti in Camerun,un sistema politico ormai più che trentennale (31 anni), ci sono grossi timori per la pace sociale in quanto la disoccupazione, specie quella giovanile, cresce giorno dopo giorno in progressione geometrica.
E l’economia, tranne che per chi è da sempre ricco in quanto ladro e accaparratore, è come una gruviera svizzera tutta bucherellata.
Quasi la metà della popolazione camerunense, che vive in campagna, è decisamente povera e ha poche speranze di uscire da questo stato di cose.
Non c’è crescita economica, oltre che per le ruberie dei maggiorenti, anche per mancanza di infrastrutture adeguate nel Paese. Mancano strade percorribili, ponti, porti, ferrovie.
L’economia, negli ultimi anni, è cresciuta solo del 3% e forse qual cosina in più ma, sempre molto meno degli altri Stati africani , quelli cioè a sud del Sahara, che hanno avuto una crescita del quasi 7,5%.
Per il 70% delle persone,quanto al lavoro, si può parlare, senza tema di smentita, di sottoccupazione.
Essa è, però, presente in prevalenza nelle aree urbane come si può arguire agevolmente.
Inutile aggiungere che tutto ciò ha determinato e determina un aumento della criminalità diffusa, piccola e grande.
Che fare?
Non c’è risposta se non si rovescia il paternalismo dittatoriale di Paul Biya e dei suoi uomini. Tuttavia non è cosa semplice, perché il suo partito (Rdpc), anche alle ultimissime legislative del 30 settembre,si è riconfermato vincitore.
E le presidenziali non ci daranno certo grosse sorprese.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)