Fare. Bisogna fare per sentirsi vivi; produrre per essere dentro alla società. E correre, correre, disperatamente correre.
Perché?
E’ il tarlo che mi assilla; perché?
Perché passo troppe ore seduta davanti alla scrivania a lavorare, a fare, a estraniarmi da me, a non sentirmi, a evitarmi, a concentrarmi sulle cose da fare perdendo di vista che il mio tempo, la mia vita, la mia possibilità sta scorrendo?
Arriverà un giorno in cui mi obbligheranno a stare in un letto di ospedale; o in cui la mia mente si offuscherà e non sarò in grado di capire; e allora per che cosa avrò lavorato, fatto, brigato, speso il mio tempo?
Per produrre.
E per chi?
Perché?
No, non fa niente; non posso non continuare a farmi queste domande; ma a volte vorrei vivere pochi anni come un pigmeo, ma vivere tutto, pienamente; o forse no? Qui in Occidente si dilata la vita per non viverla. Qui non c’è nemmeno tempo per sapere oggi se c’era il sole o se ha piovuto.
Forse questa non è la mia strada.
O forse sì?
Perché? O perché no?
Ma intanto continuo a camminare.
Devo- inesorabilmente- camminare.