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Camminare attraverso noi stessi

Creato il 11 maggio 2013 da Lucas
Il da fare, il da farsi, il riempirsi la bocca di parole che si fanno, si sfanno, si sciolgono come crema, come fiordilatte, e non usate il burro per i rapporti anali che i grassi animali non vanno mescolati, o uomini, vetrine, smartphoni che ripigliano cortei casomai qualcuno alzasse la mano, alzasse picconi, piccioni, tortore, bersaglio mancato, bruttissimo esempio di umanità in piazza a dire, io la storia non la capisco, è anche meglio perché se la capissi mi prenderebbe lo sconforto, pareva tutto così facile, e tutto si è svolto invece secondo difficoltà previste, io oggi ho avuto da fare e non sono potuto scendere in piazza e sono entrato in una oreficeria, quanta gente, la fila, da non crederci, persino una coppia di anziani che ha speso seicento euro per un anello, cioè lui, il signore ha regalato alla credo di lui moglie un anello d'oro da seicento euro in contanti, era per le nozze d'oro, sono contento per loro, la signora sceglieva l'anello tremando, il signore alle sue spalle teneva i soldi dentro una busta, probabilmente quella della posta, aveva un cappello e un gilet da pescatore, hanno eletto un traghettatore, non poteva e non voleva sottrarsi, sai che differenza, ed è pure filosofo in pectore, e io da uno che è filosofo mi aspetto eccome che sappia sottrarsi, dividersi, scomporsi, fare a meno di sé, Epiphany, come questa di Stephen Dedalus:
«Io credo, O Signore, aiuta la mia incredulità. Cioè, aiutami a credere o aiutami a discredere? Chi aiuta a credere? Egomen. Chi a non credere? L'altro».¹
E poco prima:
«Ogni vita è una moltitudine di giorni, un giorno dopo l'altro. Noi camminiamo attraverso noi stessi, incontrando ladroni, spettri, giganti, vecchi, giovani, mogli, vedove, fratelli adulterini. Ma sempre incontrando noi stessi. Il drammaturgo che ha scritto l'in-folio di questo mondo e l'ha scritto male (ci dette prima la luce e il sole due giorni dopo), il signore delle cose quali esse sono che i più romani tra i cattolici chiamano dio boia*, è senza dubbio tutto intero in noi tutti, palafreniere e beccaio, e sarebbe anche ruffiano e becco se non fosse che nell'economia del cielo, predetta da Amleto, non ci sono più matrimoni, poiché l'uomo glorificato, angiolo androgino, è sposa di se stesso».²
L'economia del cielo è scesa tutta sulla terra e ogni cosa che accade va in cerca della sua giustificazione.  Anche noi, maghi dell'autoindulgenza, ci convinciamo che tutto va bene così, così dicono, gli altri, e ci crediamo, ridio boia, lontani da Egomen.
¹J. Joyce, Ulisse, Nono episodio, Scilla e Cariddi, La Biblioteca (edizione Meridiani Mondadori, pag. 293)² Ibidem (pag. 292).*In italiano nel testo.

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