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Giovedì 11 agosto 2011
La pasta di cui sono fatti i nostri sogni è spesso contestata, quando si tratti di sogni ad ogni aperti. Sembra che non sia serio abbandonarsi all’illusione privata, agli arabeschi sonori imbastiti con filo di fumo. Certamente, contribuisce al brusco rimprovero la confessione pubblica, spesso inavvertita, di chi non teme il giudizio degli altri, ma anzi vede nei racconti fantastici un innocente esercizio e basta.
Non manifestiamo volentieri la volontà di risveglio che si attende da noi. Ci piace cullarci in quella zona disabitata in cui è consentito l’accesso solo a noi. Sono i nostri sogni che ci ritroviamo a sognare, e la terra che siamo impegnati a popolare è la terra abituale in cui mettiamo in scena le fantasie erotiche sconosciute al mondo, l’Inconfes- sabile per eccellenza, con i dialoghi ripetuti infinite volte, in cerca di quell’apertura che non si verificò mai, offerta in dono da chi non la offrirebbe mai, per le più diverse ragioni.
Ci sono giorni felici in cui le nostre fantasie sono generate magari dall’incontro fortuito di qualche ora prima che ha risvegliato in noi un interesse sopito o ha eccitato la fantasia, scaraventandoci in paradisi inesistenti – oh, se non lo sappiamo! – in cui avverrà l’inimmaginabile e il proibito: in quella landa deserta del nostro mundus imaginalis non c’è alcuna censura etica, ché sappiamo bene che nessuno visiterà mai i luoghi delle nostre chimere più ardite, e noi abbiamo la bocca ben cucita, tanto che non temiamo di essere traditi mai da un impulso improvviso che ci induca a confessare l’inconfessabile.
Nel recinto della nostra anima ripassiamo infinite volte il coltello sulla piaga dei nostri errori quotidiani, mentre i fantasmi che assediano le nostre notti insonni si annunciano dalle ore del giorno sotto forma di ricordi dolorosi di un passato più lontano, a scandire il rosario dei torti inflitti agli altri, che credevamo ormai redenti per sempre. Io non immaginavo che a questo punto della mia vita potessero tornare i fantasmi del passato, anche di un passato lontano, a rendere angoscioso il presente, con il pungolo dello sguardo accigliato e della voce roca di chi subì il torto! Debbo pensare che non fu accurato il lavoro di ‘rimozione’ o che i fantasmi tornano proprio perché di rimozione si trattò. Se mi sembra di non essere stato perdonato, sarà proprio così: non ottenni il perdono o, ciò che è peggio, non lo chiesi mai, cercando di lasciar morire l’affanno con il tempo, con il semplice trascorrere del tempo!
Sulla soglia del giorno è faticoso affrontare la realtà, con il peso delle fantasticherie a cui quasi d’imperio sono indotto dalla spinta del magma sottostante. Nelle pause della giornata, mi accade di non riuscire a concentrarmi nel compito, se un ricordo indesiderato affolla l’anima con il corteo delle emozioni sgradevoli. Più desiderabile allora diventa l’innocente fantasticheria a cui ci si abbandona tutte le volte che è indispensabile anticipare un incontro o immaginare quello che si dirà al prossimo appuntamento fissato non importa con chi. Allora, sembra che la vita si espanda leggera, e io mi sento come il naufrago che abbia raggiunto terra e si volga a considerare il pericolo passato. Ci vuole tempo ancora, ma il cuore si acquieterà e il giorno proseguirà nel suo cammino.
Stare in ascolto dell’esistenza spezzata, ma più semplicemente intrattenersi con la vicina di casa e con i propri nipotini, cos’altro è se non sentire forte e penetrante il profumo delle chimere che assediano e riscaldano la mente e la fanno sentire sempre impegnata a tradire un po’ le cose, per trovare riparo e sollievo lontano dai ceppi della necessità, nello spazio felice di tutto ciò che ci viene incontro e ci sorride e ci promette altra felicità, non importa a che prezzo?
Se siamo qui a parlare di niente, delle nostre vane illusioni, è perché abbiamo conosciuto a nostre spese il loro potere distruttivo, e per questo, senza alludere ad esse e agli effetti che ebbero sulla nostra vita, cerchiamo di aiutare i ragazzi che si affidano a noi a riconoscerne le belle sembianze, a veder bene dentro le promesse che facciamo a noi stessi, a non scambiare illusione per speranza, a non chiamare progetto ciò che non può mai essere speranza progettuale, per gli scarsi ancoraggi alla realtà, ma ci chiediamo altresì se abbiamo il diritto di ‘smascherare’ sogni e fantasmi, in nome della realtà e della sua dura legge, quando ad ognuno di noi è data la quotidiana razione di follia, senza la quale aridità di cuore e apatia dei sensi, angustia della mente e noia cingerebbero d’assedio l’anima, contribuendo ad accrescere l’affanno che turba i giorni e popola di oscuri simulacri le notti insonni.
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