20 ottobre – “L’A.C. ChievoVerona comunica di aver sollevato dall’incarico di allenatore della Prima squadra il tecnico Eugenio Corini. La società rivolge al mister i più sentiti ringraziamenti per l’impegno, la professionalità e la dedizione sempre profusi e i migliori auguri per il prosieguo della carriera”. Con questo stringato comunicato stampa il Chievo, domenica pomeriggio a poche ore dal rientro da Roma dove la squadra ha rimediato un 3-0 inappellabile, ha annunciato l’esonero del tecnico bresciano. Nonostante la bruciante sconfitta contro Totti e compagni (che hanno evidenziato con la loro classe e velocità tutte le attuali carenze della squadra gialloblù), quest’annuncio appare a tutti gli effetti un “fulmine a ciel sereno”. Dopo il triennale firmato in estate, infatti, tutto lasciava pensare che fosse finalmente iniziata per il Chievo una stagione dedicata ad un “progetto” (parola di cui spesso gli addetti ai lavori si riempiono la bocca, senza poi darne davvero seguito), confermato anche dalla rivoluzione che ha portato a Veronello ben quindici nuovi giocatori durante la campagna acquisti conclusa il 1 settembre. E invece questo progetto viene bruscamente “stoppato” dopo appena sette giornate di campionato, in cui il Chievo ha raccolto effettivamente poco: quattro punti frutto della vittoria esterna di Napoli e del pareggio interno contro l’Empoli. Poi si, è vero, ben cinque sconfitte, ma di queste tre sono maturate contro Juventus, Milan e Roma e una quarta è arrivata in trasferta contro la sorprendente Samp di questo inizio di campionato. Insomma, un calendario senz’altro complicato per Corini, che peraltro ha dovuto anche rinunciare per infortunio ad elementi importanti come gli argentini Izco, Schelotto e Botta che di sicuro avrebbero permesso all’ex centrocampista di Chievo, Palermo e Torino avere più frecce al proprio arco. Inoltre il calendario aveva in programma per Frey e compagni una serie di partite ben più abbordabili (contro, nell’ordine, Genoa, Palermo, Cesena e Sassuolo) prima della prossima pausa in campionato per le sfide della Nazionale. Sfide che avrebbero senz’altro permesso alla dirigenza di valutare meglio l’impatto di Corini sulla squadra e le reali possibilità di salvezza della compagine gialloblù guidata da questo allenatore. Il quale, non fosse altro per gratitudine, da una parte, e per opportunità (il contratto triennale) dall’altra, si sarebbe meritato quantomeno una prova d’appello. E invece…invece a Corini non è stato “concesso” nemmeno quello che è stato garantito un anno fa a Sannino, cioè un periodo “minimo” per poter far assimilare idee e schemi ai giocatori. Proprio Corini, nella scorsa stagione sostituì dopo l’undicesima giornata il tecnico napoletano che accumulava quattro punti dopo sette giornate (sei dopo undici). Esattamente come quelli ottenuti da Corini fino ad oggi. Dall’esterno, dunque, appare quantomeno bizzarra questa decisione di Campedelli che, dopo aver letteralmente rivoluzionato (ma qualcuno direbbe “disfatto”) lo staff dirigenziale, sacrificando nientepopodimeno che Giovanni Sartori sull’altare di Corini (“o me o lui” avrebbe tuonato il direttore tecnico, che poi in estate si è trasferito, forse a malincuore, all’Atalanta insieme al Responsabile del Settore Giovanile Massimo Costanzi), fa oggi una clamorosa retromarcia affidando la squadra a Rolando Maran, un altro ex-Chievo.
Maran, che prima del contratto annuale, più opzione per l’anno successivo, siglato con il diesse Nember era a “libro-paga” del Catania, già in estate, prima della conferma di Corini, era stato accostato alla panchina del Chievo. Un matrimonio che, evidentemente, prima o poi si doveva celebrare e così ecco il tecnico trentino guidare, finalmente, la squadra in cui ha militato da giocatore fra il 1986 e il 1995, tornandoci anche da vice allenatore di Silvio Baldini nella stagione 1997/98. Maran ritrova in riva all’Adige giocatori come Izco e Maxi Lopez con cui ha già lavorato in Sicilia, conosce in generale l’ambiente e propone un calcio in generale offensivo, anche se non scriteriato. Insomma, quelle che erano – almeno nei proclami – proprio le idee di Corini, anche se quest’ultimo non è mai riuscito ad applicarle veramente. La squadra, in fondo, era ancora in fase di costruzione e chissà se avremmo mai davvero visto quel 4-3-1-2 pensato in estate e mai applicato in campionato. A pagare, forse, è però l’atteggiamento del “Genio”, uno che quando era giocatore non le mandava a dire a nessuno, neanche ad un certo Roberto Mancini (quando nel ’92, alla Samp, lui era un “pischello” e il dieci blucerchiato una sorta di istituzione intoccabile)…figuriamoci ora che era al timone della nave. La sensazione è che la decisione presa domenica da parte del Presidente sia stata più d’impeto che ragionata e che ad irritare sia stato probabilmente l’atteggiamento remissivo della squadra, all’Olimpico, e del tecnico, post-gara.
Ora la palla passa a “Rolly”. Le speranze dei tifosi del Ceo, per il terzo anno consecutivo, devono essere riposte nel cambio in panchina. E visto i buoni precedenti e il vecchio proverbio “non c’è due senza tre…” non resta che rimanere ottimisti. Certo è che la squadra-modello, quella ammirata non solo in Italia ma da tutto il mondo, è diventata nel tempo una “mangia-allenatori”. Ci sarà tempo per riflettere su questi aspetti, ma il processo di omologazione al resto della truppa che si ha avuto negli ultimi anni (dal ritorno in serie A con Iachini in poi) non è certamente un plus di una dirigenza che ha ottenuto sempre i propri obiettivi (e per essere il piccolo Chievo è un grande merito), ma che ha perso nel tempo quell’aurea di simpatia che la faceva apprezzare “a prescindere”. E il casus Corini ne è l’ennesimo esempio.
Ernesto Kieffer
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