Anche per il 2012 il Bonn International Center for Conversion (BICC), sostenuto dalla Germania attraverso il Ministero per la Cooperazione e lo Sviluppo (BMZ), rende pubblici i dati che compongono il GMI, ovvero il Global Militarization Index. Su 135 paesi osservati i primi dieci della lista risultano essere, nell’ordine esatto, Israele, Singapore, Siria, Russia, Giordania, Cipro, Kuwait, Azerbaijan, Bahrain ed Arabia Saudita.
Il GMI, in italiano Indice di Militarizzazione Globale, è un indice esistente dal 1990 che descrive la portata complessiva dell’intero apparato militare di uno stato in rapporto al sistema sociale nel suo complesso. Rappresenta, in definitiva, il grado di militarizzazione di un paese basandosi sostanzialmente su tre indicatori:
- Il confronto tra due quozienti: spese militari/Pil e spese sanitarie/Pil;
- Il rapporto tra il numero totale di forze militari e paramilitari da un lato ed il numero di medici generici e popolazione complessiva dall’altro;
- Il quoziente di armi pesanti disponibili sul il volume totale della popolazione;
Il GMI per il 2012 si basa sui dati del periodo 2010-2011 raccolti dallo Stockholm Peace Research Institute (SIPRI), dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall’Istituto Internazionale per gli Studi Strategici (IISS) e dal già citato BICC.
Rispetto al 2010 alcuni stati non risultano più tra i primi dieci (Corea del Sud e Grecia) mentre altri (Bahrain ed Arabia Saudita) hanno aumentato le proprie spese in armamenti scalando la classifica dei paesi più militarizzati.
Sei dei dieci paesi più militarizzati risultano appartenere all’aerea del Medio Oriente, mentre non risulta tra i primi dieci alcun paese appartenente all’Africa ed al Sud America.
L’area mediorientale, cui appartengono inoltre l’Oman (11ᴬ posizione), gli Emirati Arabi Uniti (14ᴬ posizione) ed il Libano (17ᴬ posizione), risulta quella più militarizzata con Israele al primo posto.
Il continente africano, nonostante l’alto numero di conflitti armati al suo interno, presenta il più basso livello di spesa nel settore militare. Questo aspetto si traduce in alcuni casi in minaccia per la stabilità e la sicurezza di alcuni paesi, Mali e Nigeria in primis, nei quali un deficit nella dotazione di armamenti costituisce una minaccia alla sicurezza dello stato da parte dei gruppi ribelli.
Riguardo al Centro e Sud America, il GMI-2012 disegna un andamento costante nella variazione di spesa in armamenti. I paesi con il più alto tasso di militarizzazione rimangono il Cile, l’Ecuador, la Colombia ed il Perù. Una possibile spiegazione potrebbe trovarsi nell’esistenza di questioni territoriali irrisolte (Cile) e nei conflitti interni (Colombia). È comunque da sottolineare la crescente spesa militare del Brasile con un budget, al 2011, di circa 31 miliardi di dollari.
Nel Sud Est Asiatico si trova il secondo paese più militarizzato al mondo, Singapore. Tuttavia l’impossibilità di reperire dati impedisce una stima della posizione della Corea del Nord, attore di enorme importanza in un’area dal crescente potenziale di conflitto negli ultimi dieci anni.
La diminuzione di spesa in armamenti di un importante paese come il Giappone è motivata dalla decisione di destinare a tale settore non più dell’1% del Pil.
Altrettanto non può dirsi della Cina che, con una spesa militare di 129 miliardi di dollari, è seconda soltanto agli Stati Uniti d’America. Stando però ai parametri del GMI, nel 2012 essa occupa l’82ᴬ posizione a livello mondiale in termini di complessiva militarizzazione.
Nonostante il primato in termini di budget militare (689 miliardi di dollari), gli Stati Uniti si trovano in 30ᴬ posizione, ben dietro la Russia (4ᴬ posizione), il cui Primo Ministro Sergei Ivanov ha dichiarato il 24 novembre di voler destinare alla spesa militare una somma che supererà i 30 milioni di dollari nel 2013.
Stabile anche il quadro in Europa. I paesi europei, anche per effetto dell’attuale crisi economica, vedono un generale calo nella destinazione delle finanze pubbliche al settore degli armamenti. Ne dimostrano gli effetti l’uscita della Grecia dalla lista dei primi dieci paesi ed una Germania in 86ᴬ posizione, a seguito di misure di austerity che prevedono una riduzione di spesa che arriverà ad 8,3 miliardi nel 2015.