La filiale saudita dell’IS ha dichiarato di avere un piano: eliminare gli sciiti dalla penisola araba. Il 22 e il 29 maggio l’organizzazione ha rivendicato due attentati: entrambi sono avvenuti nella parte orientale dell’Arabia Saudita dove si concentra la minoranza sciita del Paese. L’obiettivo, in entrambi i casi è stata una moschea sciita, colpita durante la preghiera del venerdì, momento del maggior afflusso. Il bilancio complessivo parla di oltre venti vittime e un centinaio di feriti.
Site (Site for International Terrorist Entities, sito che si occupa di tracciare le dinamiche dei gruppi terroristici in internet fondato dall’analista Rita Katz) segnala un audio della durata di 13 minuti in cui un oratore ancora anonimo del Califfato, domenica ha invitato i “fratelli” ad uccidere i «nemici dell’Islam, in particolare gli sciiti» ─ «Sono miscredenti e apostati, è consentito versare il loro sangue, è consentito prendere il loro denaro», ancor più se vivono la loro infedeltà nel Paese di Maometto, continua l’audio. Il regno è la culla dell’Islam sunnita: il Califfo Baghdadi in un discorso di metà maggio ha attaccato la dinastia saudita dei Saud e il re Salman, accusandolo di essere «cane da guardia di Occidente e Israele» e di dare protezione agli sciiti. In realtà la provincia orientale saudita è piuttosto turbolenta: la minoranza sciita che lì diventa maggioranza relativa, è da diversi anni in protesta contro la casa regnate. Gli sciiti chiedono più diritti e minori discriminazioni, ma ottengono spesso la reazione dura del governo (sparate del Califfo a parte). Nel 2011, per esempio, la polizia ha arrestato centinaia di persone e un tribunale anti-terrorismo saudita ha deciso di condannare a morte un religioso sciita molto noto, Nimr al Nimr.
Nella registrazione segnalata da Site si glorifica l’attentato del 22 maggio nella moschea di Qadeeh, nella provincia di Qatif, ma non c’è menzione a quello del 29 a Dammam, nell’area sempre orientale di Shrqiyya (una delle più ricche di petrolio al mondo). Con ogni probabilità dunque l’audiomessaggio è stato registrato precedentemente a quest’ultimo attacco.
I sauditi hanno una storia di rapporti molto controversi con il mondo del terrorismo legato al radicalismo islamico ─ in passato sono stati anche accusati di aver sostenuto gruppi estremisti. Un nome su tutti, per rendere l’idea delle dimensioni del problema: Osama Bin Laden era saudita e vi visse fino a quando si unì ai mujaheddin pakistani per combattere l’invasione sovietica in Afghanistan nel 1979 ─ nel 1992 fu poi esiliato dal paese e fece base in Sudan.
La dinastia Saud è da molti anni tra i principali obiettivi del terrorismo jihadista perché viene considerata inquinata dal denaro del mondo occidentale (l’Arabia Saudita è un Paese strettamente legato all’America e dunque all’Occidente). La minaccia derivante dalla creazione di una “provincia” dello Stato islamico in territorio saudita, è pericolosa non solo per la stabilità interna, ma rischia di peggiorare la precaria stabilità nei rapporti regionali tra sunniti e sciiti. Rapporti già aggravati dalla decisione di Riad di intervenire militarmente in Yemen contro i ribelli di confessione sciita Houthi. E domenica è arrivato anche l’audio del Califfato che invita a liberare la Penisola Araba dagli sciiti: con il rischio che il messaggio venga accolto con entusiasmo dai giovani sauditi maggiormente inclini alle istanze più estremiste.
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