Magazine Cinema

Cane di paglia

Creato il 16 novembre 2013 da Misterjamesford
Cane di pagliaRegia: Sam PeckinpahOrigine: USAAnno: 1971Durata: 118'



La trama (con parole mie): David Summer, giovane matematico americano, si trasferisce con la moglie Amy in un paesino della campagna inglese in modo da poter lavorare ad un importante progetto per il quale ha vinto una borsa di studio.La popolazione locale, però, crea non pochi problemi e contribuisce alla crisi che sta andando incontro alla coppia: i ragazzi del posto, infatti, hanno tutti mire sessuali su Amy, che si sente trascurata dal marito, completamente assorbito dai suoi studi. Quando la donna viene violentata dai lavoranti assunti dalla coppia ed il matto del villaggio trova rifugio nella casa dei Summer braccato dagli stessi, desiderosi di linciarlo a seguito di un incidente che ha coinvolto una ragazzina, da timido professore David si trasforma in letale killer, rispondendo all'assedio degli uomini con una violenza inusitata.
Cane di paglia


Non credo sia un mistero il fatto che Sam Peckinpah sia uno dei prediletti - almeno per quanto riguarda il Cinema USA - del Saloon, uno dei più grandi narratori ed interpreti della Frontiera come concetto, oltre che come luogo, e del Western.
Portano la sua firma Capolavori come Il mucchio selvaggio e vere e proprie poesie su pellicola - parlo de La ballata di Cable Hogue e Pat Garrett e Billy the kid -, nonchè uno dei cult assoluti del sottoscritto, L'ultimo buscadero, che ha un posto speciale nel cuore del vecchio Ford grazie ad un mitico Steve McQueen e ad un altrettanto leggendario passaggio legato al fatto di "tenere i cavalli".
Nel corso del viaggio - troppo breve, purtroppo - del durissimo Sam nel mondo della settima arte, però, trovò spazio anche questa parentesi di violenza decisamente oltre i limiti per il periodo, parente stretta del kubrickiano Arancia meccanica - come giustamente ha sottolineato Julez nel corso della visione - e dei di molto successivi Funny games firmati da Haneke: Cane di paglia, osteggiato dalla censura ai tempi e massacrato da montaggi troppo limitanti e numerosi - forse il solo Peckinpah conosce il segreto di quella che avrebbe potuto essere la sua versione -, è ancora oggi un film disturbante e cattivo, sottilmente ironico e mosso da una critica feroce che, per una volta, è diretta dagli States alla Vecchia Europa, e non viceversa.
Il giovane matematico David Summer, interpretato magistralmente da Dustin Hoffman soprattutto nella parte conclusiva - la sequenza dell'uccisione a sangue freddo a bastonate di uno degli assedianti della sua casa riesce ad anticipare la freddezza di Hannibal Lecter che finisce con il manganello uno dei suoi secondini ne Il silenzio degli innocenti -, personaggio tutt'altro che positivo - al pari di quasi tutti i protagonisti, dalla moglie Amy al gruppo di lavoranti, dal vecchio ubriacone Tom al povero Harry -, conduce lo spettatore in un viaggio attraverso i lati più predatori dell'essere umano, siano essi giudicabili eticamente giusti, oppure no.
E dalle frecciate neppure troppo velate al reverendo locale allo splendido, beffardo finale con quel "Non so la strada giusta" cui fa eco la risposta da brividi "Non fa niente, neppure io", l'audience finisce catapultata in un incubo a metà tra il grottesco ed il thrilling, The wicker man e il West sporco e sordido della suddetta Frontiera trasportato nella brughiera inglese - il confronto tra il Maggiore e gli assedianti di casa Summer ricorda la mitologia di un duello tra pistoleri vero e proprio -: Peckinpah si prende il suo tempo, libera l'inquietudine e non salva nessuno, chi per Destino - il bersagliato Harry - chi per una colpa - gli stessi Summer -, sfoderando una freddezza da entomologo senza dimenticare il lato malinconico che rese grandi i suoi Western, cullando il pubblico in una cornice a metà tra il bucolico e l'agghiacciante - la riunione della congregazione nella notte dell'esplosione della follia - fino all'escalation della parte finale, che vede Hoffman assoluto protagonista ed un uso del montaggio che ricorda i tempi migliori del regista - e di nuovo tornano i riferimenti a Il mucchio selvaggio -.
Un cult da pieno Ezechiele 25:17 che si apre a differenti interpretazioni e letture, ma che non lascia dubbio alcuno rispetto alla bestialità umana portata in scena dal granitico Sam, che con palle d'acciaio non risparmia nulla, neppure quando potrebbe: in fondo, se "homo homini lupus", ci sarà sempre da temere anche il can che dorme.
Di paglia o no.
MrFord
"You got to be crazy, you gotta have a real need
you gotta sleep on your toes and when you're on the street
you got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
and then moving in silently, down wind and out of sight
you gotta strike when the moment is right without thinking."

Pink Floyd - "Dogs" - 

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :