«I poeti come i cani fiutano l'aria. Sentono quel che c'è e quel che non c'è» scrive Davide Rondoni¹ per poi passare ad elencare cosa ci sia (o non ci sia), secondo lui, nell'aria. Ma perché i cani-poeti fiutano l'aria? Per cercare la gioia, «l'esperienza più rara, eppure così necessaria».
Ho molto rispetto per i cani e per i poeti; ma la similitudine non quadra, dacché se il cane-poeta trova l'osso-gioia, o si comporta da cane (che addenta l'osso solo per il suo piacere senza condividerlo con alcuno) o si comporta da poeta (che traduce l'esperienza dell'addentare la gioia in versi).«Dare gioia è un mestiere duro», come scrisse Ceronetti da qualche parte, ma sempre di un dare si tratta.
A proposito di cani. Ho letto con sgomento la storia² dell'ennesima campagna moralizzatrice del regime di Teheran. Non so se sentirmi triste per questa ulteriore prova di crudele stupidità teocratica, oppure fiducioso nello sperare che questi siano segnali di un regime alla frutta. Mi auguro che le ragazze iraniane possano sbeffeggiare il potere portando a giro dei poeti sottobraccio e che leggere versi acquieti il ringhio dei cani da guardia del potere³.
¹ Domenica de Il Sole 24 ore, 20 giugno 2010
² Vanna Vannuccini, La Repubblica 20 giugno 2010
³ Che dire poi dei quattro cani di Ahmadinejad acquistati in Germania al modico prezzo di 110.000 euro l'uno? 440.000 euro di cani, sono convinto, è più di quanto Berlusconi paghi quegli scalzacani dei suoi portavoce.