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Nell'anno del ritorno in Italia - e alle origini - di Sorrentino e del Refn post-Drive la Palma d'oro è rimasta invece oltralpe, a premiare un regista che non ha, di fatto, mai deluso e che pare abbia colpito più di ogni altro la giuria: Abdellatif Kechice.
Ecco la lista dei vincitori e, come al solito, qualche commento del sottoscritto.
- Palma d'oro: La vie d'Adéle di Abdellatif Kechiche
Non posso che essere contento della vittoria di Kechiche, regista che ho seguito fin dal suo primo lavoro - Tutta colpa di Voltaire - e che avrebbe meritato anche il Leone d'oro a Venezia con il meraviglioso Cous cous, uno dei film corali più belli degli ultimi dieci anni.
La vie d'Adéle, costruito attorno alla storia d'amore di due ragazze, è stato fin da subito uno dei titoli più apprezzati sulla Croisette: a questo punto non vedo l'ora di poterlo ospitare anche qui al Saloon.
- Grand Prix: Inside Llewyn Davis di Ethan e Joel Coen
Secondo premio ed altri due protetti fordiani: i fratelli Coen.
Il loro Inside Llewyn Davis pare sia qualcosa di decisamente interessante: ambientato nella New York degli anni sessanta, racconta una settimana della vita un giovane folk singer nel pieno del fermento dei tempi. Il cast promette bene, l'argomento anche.
Certo, non mi stupirei se il premio fosse arrivato principalmente per l'intercessione di Spielberg, ma me lo faccio andare bene comunque.
- Regia: Amat Escalante per Heli
Di questa produzione affidata al giovane regista di Barcellona non so praticamente nulla, dunque non mi pronuncio rispetto alle polemiche insorte sui nostri quotidiani a proposito dei mancati riconoscimenti a Sorrentino per il suo La grande bellezza, almeno fino a quando non avrò visto entrambi i titoli e potrò confrontarli come si deve.
- Giuria: Tale padre, tale figlio di Hirokazu Koreeda
Il premio della Giuria è andato ad un autore giapponese tra i meno conosciuti oltre i suoi confini - almeno per quanto riguarda quelli di respiro internazionale - che ha presentato una storia che, sulla carta, mette in gioco sentimenti e sensazioni che in questo periodo della mia vita mi toccano particolarmente: quelli della paternità.
Non so se e quando verrà distribuito in Italia, ma senza dubbio con l'arrivo del Fordino e questo nuovo mondo da esplorare giorno per giorno non intendo certo perdermi questa visione.
- Migliore attore: Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne
L'anziano caratterista americano Dern mi è sempre passato sotto gli occhi senza rimanermi particolarmente impresso, ed il suo premio è fondamentalmente stato uno di quelli di cui non mi preoccupo più di tanto, sia in positivo che in negativo.
Sono però molto curioso di affrontare la visione del nuovo lavoro di Payne, un regista simbolo della parte buona del Sundance-style che fino ad ora non mi ha mai deluso.
- Migliore attrice: Berenice Bejo per Il Passato di Asghar Farhadi
Berenice Bejo, salita agli onori della cronaca con il magnifico The artist, incassa il premio per la migliore interpretazione femminile grazie ad uno dei registi che più attendo - sempre che la distribuzione nostrana non giochi brutti scherzi -, Asghar Farhadi, autore di chicce come About Elly e dello splendido Una separazione.
Avrà giocato anche in casa, ma trovo che la Bejo abbia ottime carte da giocarsi, dunque approvata anche questa scelta dei giurati.
- Sceneggiatura: Jia Zhangke per A touch of Sin
Il premio per la migliore sceneggiatura è andato invece ad un'altra vecchia conoscenza del Saloon, Jia Zhangke, che non troppi anni fa mi lasciò a bocca aperta con il film che gli valse il Leone d'oro, Still life, un'opera struggente legata al nuovo e al vecchio corso della Cina.
Di questa sua più recente fatica non so nulla, ma di sicuro non mi lamenterò a cercare di recuperarla - impresa ardua, considerato che tra i premiati questo è senza dubbio il titolo che incontrerà più difficoltà di distribuzione qui nella Terra dei cachi -.
- Palma d'oro per il miglior cortometraggio: Safe di Byong-Gon
- Menzione speciale a 37/o 4S dell'italiano Adriano Valerio e a Le fjord des baleines di Gudmundur Arnar Gudmundsson
- Camera d'or (migliore opera prima): Ilo Ilo di Anthony Chen (dalla Quinzaine)
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