Venerdì sera sono stati assegnati i premi di “Un Certain Regard” e di un’altra sezione del Festival di Cannes, “La Quinzaine des Réalizateurs”. Realtà parallela, indipendente, non competitiva nata, dopo il maggio del 1968, con l’intento di dare visibilità a opere prime di nuovi autori e di confermare quelli già sulla scena. Forse pochi ricordano che partirono da qui le carriere di registi come Jim Jarmush (attualmente nei cinema con il meraviglioso Solo gli Amanti Sopravvivono, presentato lo scorso anno proprio a questo Festival), George Lucas (si, il regista della saga di Star Wars), o di quel Michael Haneke che due anni fa con il suo Amour conquistò prima Cannes poi gli Oscar®.
Oggi altri sono i nomi, per ora (forse) meno altisonanti, ma siamo sicuri che ne sentiremo ancora parlare. Un’opera ha rastrellato i premi più ambiti, “Les Combattants” (Love At First Fight) di Thomas Cailley, regista al suo esordio nel lungometraggio, dopo i riconoscimenti ottenuti in numerosi festival con il corto “Paris-Shaghai”.
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Una volta assegnati tutti i premi, è stato il momento del film di chiusura alla presenza di cast and crew. L’onore è toccato a “Pride” di Mattews Warchus. Incredibilmente questa è un’opera seconda di un autore che però ha vasta esperienza nella direzione di lavori che hanno calcato i più importanti palchi della Corona Britannica. L’abilità del regista è stata anche quella di prendere un pezzo di storia recente e portarla con sobrietà, ironia,e intelligenza su grande schermo.
Siamo nel 1984, a Londra il Gay Pride non è quello a cui siamo abituati oggi. La città è sotto pressione, al governo c’è la Signora Tatcher, sono gli anni in cui i minatori decidono di scioperare e iniziare un braccio di ferro con il Primo Ministro. Al loro fianco si schierano un gruppo di attivisti gay e lesbiche. Non abituati a una situazione simile, tutti i coinvolti in questa iniziativa dovranno abbattere un bel po’ di pregiudizi, perché alla fine sono gli esseri umani dietro una “etichetta” che contano e lo spirito di squadra è l’unico in grado di sconfiggere un opponente più forte di noi.
Una scena del film “Pride” © Nicola Dove
Prendendo spunto da una vicenda di cronaca viene quindi raccontata una storia di esseri umani, viene dato un esempio da seguire in questo periodo di crisi economica forte, e ci viene regalata – perché no – una commedia non volgare, istruttiva e divertente (anche se alcune battute sono esclusivamente ad uso e consumo interno).
Le risate in sala non si sono fatte attendere, ma la cosa più emozionante è avventura durante i titoli di coda. Una standing ovation infinita, applausi scroscianti, fotografie ininterrotte. Il cast non sapeva come muoversi e cosa dire, si è goduto il trionfo. Sicuramente il momento più emozionante del Festival 2014, sino a venerdì sera, infatti, di lacrime per l’emozione non ne avevo ancora viste.
Vissia Menza