Cannes 2014: XENIA (recensione). Due fratelli greci con il culto di Patty Pravo

Creato il 03 giugno 2014 da Luigilocatelli

Xenia, un film di Panos H. Koutras. Con Kostas Nikouli, Nikos Gelia, Aggelos Papadimitriou, Romanna Lobach. Con la partecipazione di Patty Pravo. Presentato a Un certain regard.
Quando s’è sentita rimbombare sulla Croisette La bambola di Patty Pravo siam rimasti basiti. Poi tutto si è chiarito: si stava per proiettare a Un certain regard il film greco Xenia in cui la Patty nostra c’entra parecchio. Hanno per lei una vera devozione i due fratelli protagonisti, uno gay l’altro no. Una commedia-mélo familiare con parecchi debiti a Almodóvar che non sarà alto cinema d’autore, ma si lascia guardare volentieri. Voto 6 e mezzo
Dany non ha nemmeno sedici anni. È gay, di quei gay che gli anglofoni definiscono flamboyant, insomma eccessivo, colorato, scatenato, linguacciuto. Con ciocca mesciata e vari piercing. Lo vediamo prostituirsi a un maturo signore a Creta, dove abita. E dove gli è appena morta la madre, una cantante alcolizzata venuta nel lontano 1992 dall’Albania. Poi sono nati lui e il fratello Ody (sta per Odysseas!), da una storia di quella madre talentuosa e scombinata con un tizio che non hanno mai conosciuto, che li ha abbandonati tutti e tre e tagliato la corda. Adesso Dany lo vorrebbe ritrovare, costringerlo a riconoscerli, ottenere l’agognata cittadinanza greca e finirla con la paura di essere espulsi in quanto stranieri. Stranieri, anche se nati e sempre vissuti in Grecia. Così lascia Creta e va ad Atene a recuperare Ody per mettersi con lui alla ricerca del padre. Ody, che è l’opposto del fratello minore, serio e voglioso di farsi una vita regolare, ed eterosessuale. Controllato, ammodo e posato quanto Dany è esplosivo e ingovernabile, destabilizzato e destabilizzante. Tutti e due cresciuti però nel comune culto di Patty Pravo e della sue canzoni, devozione trasmessa loro dalla madre che aveva per cavallo di battaglia Tutt’al più. Pezzo che sentiremo nel film, insieme ad altri classici della Patty nostra, Sentimento e La bambola (poteva mancare? certo che no). Solo Ody ha ereditato il talento canoro della defunta, in cui però non crede e che trascura, mentre Dany lo incita a partecipare alle audizioni di un talent show presentandosi proprio con Tutt’al più.
Queste sono le mosse iniziali di Xenia (sta per ospitalità, accoglienza), film cui non si può non voler bene dove si mescolano il melodramma mediterraneo alla Almodóvar, la commedia queer, il romanzo familiare, un qualcosa di classica tragedia greca, il tutto incapsulato in un racconto di formazione con al centro il fiammeggiante Dany. Personaggio che trova nel giovanissimo Kostas Nikouli – una scoperta – un attore in grado di restituire insieme improntitudine e fragilità, rabbia e arrendevolezza. Un gay che sfiora i cliché ma che non ne resta ingabbiato, a momenti irresistibile, di una vitalità anarchica e disperata e accattivante, un character cui lo spettatore impara presto ad affezionarsi. Molto del film poggia sulle sue spalle. È lui il motore della storia, lui , parecchio pazzariello, che spinge il maggiore e più posato Odysseas a mettersi in strada per Salonicco dove – da indicazioni avute da un maturo gay amico della madre, oggi gestore di una sgangherato locale – potrebbe vivere il loro padre. Con, on the road, battibecchi e gran riappacificazioni tra i due fratelli così diversi, la decisione di partecipare al talent, una ragazza ukraina di cui Ody si innamora, una sosta tra le rovine di albergo della un tempo prospera catena Xenia. Ma l’esito delle loro ricerche serberà parecchie sorprese, in un incontro-scontro finale ad alto tasso di melodrammaticità.
Xenia non è un capolavoro, è un film semplice semplice che tratta temi universali con senso del dramma e insieme con leggerezza, in una miscela assai queer e camp che potrebbe funzionare molto bene nei vari festival di cinema lgbt in giro per il mondo, ma chissà in sala. Comunque, molto diverso dal, e per niente inscrivibile nel, nuovo cinema greco cupo e implacabile dei vari Yorgos Lanthimos (Canino, Alpis), Athina Rachel Tsangari (Attenberg), Alexandros Avranas (Miss Violence). Qui con i vari Haneke sull’Egeo, come son stati chiamati gli autori della disturbante nouvelle vague ellenica, non c’è alcuna parentela. Xenia è un dramedy abbastanza classico e anche, nei suoi linguaggi e modi, convenzionale. Con, per noi italiani, naturalmente il sovrappiù di interesse rappresentato da Patty Pravo, cultizzata come una dea, la quale a un certo punto si materializza – quasi un’apparizione salvifica ai fedeli – davanti allo sbigottito e adorante Dany. Non tutto funziona. Qalche volta il meccanismo narrativo si inceppa, specie quando il regista la butta, e non se ne sente il bisogno, sul fantastico spicciolo (quelle visioni del coniglio bianco che fan tanto Donnie Darko). Qualche volta si eccede in dimostratività e messaggistica politica sul pericolo omofobia e xenofobia, come nella sequenza dell’assalto di nazi e fasci simil-Alba Dorata. Però Xenia scorre via bene, si lascia guardare volentieri, e per i devoti di Patty Pravo è un gran godimento. Con la scena cultistica in cui Ody canta alle audizioni del talent Greek Star Tutt’al più con una bella e pastosa voce baritonale, e un senso di straniamento assale chi se la ricorda nella versione Strambelli. Quanto a lei, Nicoletta-Patty, pare sia un totem personale del regista Panos H. Koutras, il quale se la vedeva bambino sulla tv greca nelle varie Canzonissime e poi l’ha incontrata a Napoli nel 2006, recuperando da allora (“sono le mie madeleine”, racconta lui) tutti i suoi dischi. Così è capitato che, passando davanti alla Sale Debussy la sera in cui proiettavano Xenia, si ascoltasse sparata a tutto volume udibile fin sulla Croisette La bambola, e chi mai l’avrebbe immaginata una cosa così a Cannes? (Che poi i due fratelli nel film, non paghi di Patty Pravo, si mettono pure a ballare Rumore di Raffaella Carrà.)


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