Amy di Asif Kapadia. Fuori concorso – Proiezioni di mezzanotte.
Amy ragazzina con un’amica
Biopic per fortuna non autorizzato, anzi per niente amato dalla famiglia, di Amy Winehouse. Per fortuna, perché almeno non c’è l’obbligo al santino ufficiale e si può andare a indagare anche i lati in ombra del personaggio. Kapadia – già regista di un docu su Ayrton Senna – nasconde poco delle travagliata vita pubblica e privata di Amy, voce nera e jazz nel corpo di una ragazza nata nel quartiere ebraico di Londra da una madre molto presto tradita dal marito. Il tono sta tra la ricostruzione documentaria e un certo gusto scandalistico nel mostrarci di che dolore è fatto il successo. Ci sono chicche come Amy giovanissima che canta Happy Birthday alla festa di compleanno di un’amica, ed è già pienamente Amy Winehouse. Poi l’ascesa verso il successo, che arriverà massiccio e forse inatteso, con Back to Black, e la parallela discesa verso la disintegrazione psichica e fisica.Un amore con un ragazzo di nome Blake, poi anche marito, di quelli folli e maledetti in cui ci si salva o si affonda insieme, e lei e Blake affondano. Per Amy è l’alcol, la bulimia, l’eroina, il crack. Finirà come sappiamo. Certo le ultime immagini in video e foto sono sconvolgenti, corpo scheletrico, occhi che non vedono più niente, graffi e lividi su tutto il corpo, il trucco colato sulla faccia ridotta a un mascherone. Come se fosse già morta da viva. Non un gran film, anche con qualche compiacimento voyeuristico di troppo. Però Winehouse è Winehouse, e vederla e sentirla vale la pena, eccome. AW è ormai definitivamente una delle grandi tragiche degli anni Duemila.