Anno: 2013
Durata: 86′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Australia
Regia: Zak Hilditch
Presentato alla Quinzaine Des Realisateurs il primo lungometraggio dell’australiano Zak Hilditch, nato nel 1980 a Perth, nella parte Ovest dell’Australia; il film, girato con un budget molto basso, è stato realizzato grazie al contributo dello Screen Australian Springboard, come spiega emozionato durante l’incontro con il pubblico.
Che cosa faresti se fosse il tuo ultimo giorno sulla Terra? Il film nasce da questa domanda e dall’esigenza del regista di indagare sull’amore e sulla morte; una tempesta di fuoco sta per abbattersi sull’Australia, dopo aver bruciato l’Europa, l’America, l’Asia e l’Africa; James (Nathan Philips) dopo aver lasciato da sola la sua innamorata Zoe (Jessica De Gouw) tenta di raggiungere la compagna ufficiale Vicky (Kathryn Beck), per abbracciarla per l’ultima volta; durante il viaggio si imbatte nella piccola Rose (Angourie Rice), alla ricerca del padre.
Il viaggio che James e Rose compiono insieme, inseguendo il tempo che sta per finire e ritrovare le persone care, è molto doloroso: James scoprirà che sua sorella con il marito e le tre figlie si sono suicidati per non aspettare la catastrofe e che anche il papà di Rose ha fatto la stessa fine; si renderà conto di quanto gli esseri umani, in situazioni esasperate, possano diventare feroci ed egoisti al punto tale di pensare solo a sé stessi al proprio piacere personale e, quel che è peggio, senza badare alla sofferenza seminata in giro.
Il film indaga, senza andare troppo a fondo, anche sul concetto di Dio, attraverso il punto di vista di James, scettico e quello della piccola Rose che riporta il pensiero di credente del padre; la tensione viene stemperata grazie alla voce della Radio, che come unico mezzo di comunicazione di massa nel film si fa portavoce di quello che sta accadendo, ma senza il sensazionalismo che avrebbero la televisione e i social media.
Sembra quasi una metafora dei tempi moderni questa “fine del mondo” rappresentata dal regista australiano: ci sono quelli come James, come Zoe e come Rose che continuano ad interrogarsi sulla fine, sul male che hanno fatto e che avrebbero potuto evitare e su quanto ancora ci sarebbe da vivere; e poi c’è un gruppo, piuttosto nutrito, che preferisce non pensare e perdersi nella superficialità delle cose, perché così è più facile restare a galla.
Hilditch usa l’escamotage narrativo della catastrofe imminente per esasperare gli stati d’animo dei personaggi e spingerli a fare gesti estremi che in situazioni di normalità non commetterebbero; Zoe, James e Rose restano sé stessi, questo non li salverà, ma nel breve tempo che resta avranno una maggiore consapevolezza di sé; questo dal punto di vista della storia consente ai personaggi una maturazione che passa per un percorso doloroso ma inevitabile.
Ed è proprio questo percorso e la maturazione dei personaggi nel corso della storia che conducono per mano lo spettatore al finale catastrofico, con naturalezza, come se fosse l’unico finale possibile; ecco perché These Final Hours non è il solito film sulla fine del mondo, esplorato più volte dal cinema in salsa horror e in salsa fantascientifica.
Anna Quaranta