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Cannibal Holocaust (di R. Deodato, 1980)

Creato il 09 aprile 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C
Cannibal Holocaust (di R. Deodato, 1980)
La storia del cinema è fatta anche di scandali. Ce ne sono di diversi tipi, da quelli di cui si rendono protagonisti attori o registi a quelli fisiologici all'industria stessa. E poi ci sono i film/scandalo. Ne abbiamo avuti anche noi, qui in Italia, tanto tempo fa. Su due piedi mi vengono in mente Salò, Ultimo Tango a Parigi e Cannibal Holocaust. Ecco, Cannibal Holocaust. Un film manifesto per il cinema di genere nostrano tanto in negativo quanto in positivo. In negativo perché fece parlare di se in tutto il mondo per i motivi sbagliati, in positivo perché ha fatto scuola e continua a farla. Quasi non ci si crede che sia stato girato da un mestierante (e ricordo a tutti che per me mestierante non è un termine necessariamente negativo) come Ruggero Deodato.
Un gruppo di documentaristi parte da New York alla volta della foresta amazzonica e poi scompare nel nulla: vengono ritrovate le bobine che testimoniano una fine incredibilmente orribile (da filmscoop.it)
La prima cosa che viene in mente pensando a Cannibal Holocaust è l'aura di simil-snuff che si è guadagnato a causa delle reali violenze perpetuate a danni di animali durante la lavorazione. Fatto condannabile - legalmente e moralmente - ma che non è poi così importante ai fini di una valutazione del film. La seconda cosa che viene in mente è il termine mokumentary, anche se effettivamente il film di Deodato non è un mokumentary. Parliamo più che altro di un precursore. Infine, anche se pochi ci fanno caso, pensando a Cannibal Holocaust viene in mente il cinema di inchiesta. Anzi, a dirla tutta alla base del lungometraggio c'è proprio una riflessione sui media e sul mondo dell'informazione, schiavo e vittima di un sansazionalismo a cui sacrifica i suoi protagonisti. Qualcuno poi alzerà la mano e vorrà precisare che il tema più evidente è quello sulla civiltà e sui suoi limiti, quello sui freni etici e morali che la socità impone in maniera violenta e innaturale, sugli istinti che se non veicolati diventano una terribile arma pronta a ritorcersi contro l'essere umano civilizzato che li reprime. In effetti è vero, questo è il tema più evidente ma allo stesso tempo è quello trattato in modo più banale, talmente banale che non ho voglia di parlarne.
Cannibal Holocaust (di R. Deodato, 1980)
Parliamo invece della pellicola da un punto di vista tecnico: Cannibal Holocaust è un film nel film in qualsiasi modo lo si voglia guardare, a partire dal tipo di pellicola usato (35 e 16 mm) per arrivare allo stile di ripresa che alterna quello tradizionale all'uso della macchina a mano. Allo stesso tempo il lavoro è diviso in due parti, una prima in cui vengono poste le basi di un mistero da svelare, la seconda in cui quel mistero viene svelato. Ed è forse questa la parte che più violentemente colpisce lo spettatore, ormai intrappolato in una sorta di voyerismo estremo che lo costringe a guardare (o subire) scene di indicibile violenza (non così tanta, ma considerate gli standard dell'epoca) senza la forza di porsi interrogativi etici. Che poi arriveranno, ma solo alla fine dei giochi, con tutte le riflessioni del caso. Potremmo definire Cannibal Holocaust un gioco di contrasti: l'estrema violenza contro gli evidenti intenti morali(zzanti), le immagini destabilizzanti e forti (la scena della tartaruga è quasi insostenibile) contro le soavi musiche di Riz Ortolani, le condizioni estreme in cui è stato girato contro la perfezione formale e stilistica che lo contraddistingue. 
Non è facile parlare di bello o brutto. in questo caso. Il film, prima condannato (sia dal punto di vista legale che da quello morale) e poi acclamato e assurto al rango di cult, è un perfetto esempio di arte cinematografica ma anche vittima di quello stesso sensazionalismo che tanto esplicitamente condanna. Un serpente che si morde la coda, insomma. Di certo non è un film che permette mezze posizioni: o lo si ama o lo si odia. Lo sa bene certa critica che ha cercato di liquidarlo ingabbiandolo in categorie che stanno fin troppo strette: horror, splatter, cannibal movie. Eppure Cannibal Holocaust, per quanto ripugnante, nausenato o brutale, ha fatto scuola e questo nessuno può permettersi di negarlo.
Cannibal Holocaust (di R. Deodato, 1980)

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