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Cannibal Music - I dischi di settembre 2015

Creato il 27 settembre 2015 da Cannibal Kid
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Nel corso del mese di settembre sono arrivati un sacco di nuovi dischi. Talmente tanti che diversi non sono ancora riusciti ad ascoltarli per bene e a metabolizzarli a sufficienza e quindi di alcuni se ne riparlerà poi a ottobre. E di alcuni magari mai. Intanto ecco l'opinione di Pensieri Cannibali su qualche album di cui mi andava di parlare in mezzo alla miriade di quelli usciti. D'altra parte, se persino Papa Francesco sta per pubblicare un disco, non è che forse ne escono troppi?
Lana Del Rey “Honeymoon”  Cannibal Music - I dischi di settembre 2015
Lo stile? La classe? L'eleganza? Dimenticate il cashmere, meglio puntare sulla lana. Anzi, su Lana. Lana Del Rey. C'è una raffinatezza, una classicità nella sua musica che non è riscontrabile da nessun'altra parte. Le sue canzoni non esistono nel presente, nel passato o nel futuro. Sono fuori dal tempo. È come se ci fossero sempre state ed è come se siano destinate a durare per sempre. Prendete l'apertura magistrale della title track “Honeymoon”, messa ad aprire le non-danze di questo disco pieno di pezzi lentissimi e non-ballabili. O ancora di più “Terrence Loves You”, una magni-fica ballata eterea tra Cocteau Twins e citazioni di David Bowie che suonerebbe alla grande suonata a Twin Peaks. O il singolo “High by the Beach”, il pezzo di fine estate perfetto. “God Knows I Tried” sarebbe invece ideale come colonna sonora del nuovo film di James Bond. Molto meglio di “Writing's on the Wall” di Sam Smith scelta per Spectre, che fa abbastanza pena. Con “Religion” poi ci si mette pure a pregare. Pregare S. Lana. Funziona anche la sua cover personale di un brano già suonato e risuonato come “Don't Let Me Be Misunderstood”. E in “Salvatore” intona persino qualche parola in italiano! Cosa chiederle di più? Il sangue? Qualcuno può accusare Lana Del Rey di un certo manierismo, di fare canzoni tutte uguali, di non avere ritmo, di suonare solo lentoni, di essere una Lagna Del Rey, ma se poi avesse fatto un disco electro-dance-dubstep, oppure un album punk-rock-metal-screamo-hardcore, sempre quel qualcuno avrebbe avuto qualcos'altro da ridire. E allora teniamoci Lana Del Rey così com'è. Una crooner al femminile di razza. Anche se a Milano è in corso la Settimana della Moda, vi sfido a trovare qualcuno o qualcosa con più stile, classe, eleganza di lei. E della sua musica. (voto 7,5/10)

The Libertines “Anthems for Doomed Youth” Sul fatto che i Libertines potessero tornare per davvero in attività - diciamolo - ci credevano in pochi. Chi l'avrebbe mai detto che uno scombinato (per non dire di peggio) come Pete Doherty avrebbe avuto la testa per rimettersi con Carl Barât e gli altri due vecchi compagni e sfornare un nuovo disco, il terzo per la band dopo il leggendario esordio “Up the Bracket” del 2002 e il valido sequel “The Libertines” del 2004? E invece i Libertini ce l'hanno fatta e oltre a essere fatti hanno pure fatto un nuovo album fottutamente esaltante. “Inni per gioventù spacciata” dice il titolo e dice tutto. Perché sprecare altro fiato con una recensione pseudo seria? Vi consiglio solo di ascoltare questo album tanto malinconico quanto vitale, anche perché se oggi credete di trovare un disco di rock’n’roll più fico in circolazione, siete proprio spacciati. E pure scemi. (voto 8/10)

Miley Cyrus “Miley Cyrus & Her Dead Petz” Il nuovo album di Miley Cyrus è bello. Davvero. Mentre lo dico non sono nemmeno fatto come probabilmente lo è Miley in questo momento. Non ci credete? Peggio per voi. E se vi dico che è stato composto e registrato in compagnia dei Flaming Lips, da anni paladini della scena alternative pop, e con la collaborazione di altri nomi della musica indie come Ariel Pink e Phantogram ci credete un po' di più? Non ancora? E allora provate ad ascoltarlo a occhi chiusi, cercando di ignorare che la cantante è una popstar che appena può si mostra nuda e twerka come se non ci fosse un domani. Sentite un pezzo come “Karen Don't Be Sad”, una delle ballate più belle degli ultimi mesi.

Un difetto di cui si può accusare questo album, lontano mille miglia da qualunque concessione commerciale o radiofonica, è giusto quello di essere persino troppo generoso. 23 deliranti canzoni che parlano di marijuana e di animaletti morti per una durata sui 90 minuti alla lunga finiscono per diventare un pochino pesanti. Se Miley si fosse limitata a una decina tra i pezzi migliori, probabilmente ci sarebbe da gridare al capolavoro assoluto. Così resta comunque uno dei dischi più creativi, ispirati, folli e sorprendenti dell'anno. Ancora non ci credete, vero? (voto 7/10)
Duran Duran “Paper Gods” Dici Duran Duran e dici anni '80. Poco importa che la band del Simon Le Bon abbia firmato successi anche negli anni '90 come “Ordinary World” e pure negli anni zero come “What Happens Tomorrow”. I Duran Duran sono un simbolo, un sinonimo stesso di 80s. Così è e con questa cosa loro per primi sanno che ci devono convivere. I loro ultimi album devono quindi sempre fare i conti con il loro ingombrante passato da una parte e il cercare di reinventarsi e suonare freschi e moderni dall'altra. Il nuovo “Paper Gods” non fa eccezione. Le basi restano quelle di un suono dagli echi tanto ottanta, aggiornati attraverso l'uso di una numerosa serie di guest-star che vanno dalla soul-star Janelle Monae alla dance-star Keisza alla guitar-star John Frusciante alla producer-star Mark Ronson alla Chic-star Nile Rodgers, per arrivare alla Hollywood-star drug-star Lindsay Lohan. Tutti ospiti che sembrano essere messi lì dentro a casaccio e vanno a comporre un album pasticciato, bolso, superato. Mi spiace molto dirlo, ma i “nuovi” Duran Duran fanno una figura simile al “nuovo” Terminator: obsoleti, non vecchi. (voto 5/10)

Baby K “Kiss Kiss Bang Bang” In teoria, Baby K può piacere a tutti. La immagino la faccia che avete fatto. A voi non piace. E infatti ho detto che in teoria può piacere a tutti, solo che poi la pratica è diversa dalla teoria. Baby K può piacere a tutti perché nel suo nuovo disco c'è dentro qualunque roba di qualunque tipo. È sia hip-hop che pop, più pop che hip-hop a dirla tutta, contiene pure nuove sonorità electro-dance-dubstep, il primo brano “Kiss Kiss Bang Bang” riecheggia “Ready or Not” dei Fugees, c'è il tormentone estivo “Roma - Bangkok” in coppia con Giusy Ferreri, c'è la traccia alla Nicki Minaj/Black Eyed Peas/M.I.A. “Dindi” e quella fashion simil-Lady Gaga omaggio alla direttrice di Vogue “Anna Wintour”, c'è la collaborazione con Madh che fa molto X Factor “Fakeness”, c'è il brano pseudo riflessivo alla Gemelli DiVersi “Chiudo gli occhi e salto”, c'è la versione femminista di Guè Pequeno “Lasciati le sneakers”, c'è persino l'inno da stadio “Ola” per far contenti i maschietti, e c'è pure un pezzo pop-punk alla Avril Lavigne, “Venerdì”, che più che come Avril Lavigne suona come una parodia di Avril Lavigne. Mentre “Hipster Love” sembra Fedez in gonnella che rifà “1985” dei Bowling for Soup. E c'è inoltre la base plagio omaggio a “Roar” di Katy Perry (che a sua volta si ispirava a “Brave” di Sara Bareilles) che risponde al nome di “Super Mega Iper”. Il pregio è che non ci si annoia e anzi “Kiss Kiss Bang Bang” è un dischetto che con i suoi testi simpatici risulta piuttosto divertente. Il problema è che in questo variegato miscuglione di roba, la vera identità di Baby K non viene fuori. Sarà che in realtà è Alexia che si nasconde dietro a un altro nome d'arte e ha cambiato genere, passando dalla dance tamarra al rap tamarro? (voto 5,5/10)

Foals “What Went Down” I britannici Foals sono tornati con il loro album magari non migliore, ma comunque il più potente, diretto e cazzuto della loro discografia. Se in passato il loro math-rock ad alcuni poteva suonare troppo ragionato e poco incisivo, pur senza rinunciare al loro caratteristico stile questa volta i Foals hanno usato un po' meno il cervello e un po' più il cuore. Forse anche un po' più le palle. (voto 7+/10)

Bring Me the Horizon “That's the Spirit” Questo è il disco che avrei voluto avere tra le mani quando avevo 16 anni. Una bomba esaltante di emo-hard-rock adolescenziale che propone un buon gusto pop per le melodie, pur rimanendo sempre potente. Basti sentire il cheerleader-metal di “Happy Song”, una delle canzoni più devastanti e fighe esplose negli ultimi mesi. Per godere di un disco del genere la cosa importante comunque non è essere anagraficamente un 16enne. La cosa importante è avere sempre lo spirit del 16enne. (voto 6,5/10)

Canzone del mese Petite Meller “Baby Love” Il pezzo più contagioso dell'ultimo scorcio della bella stagione. All'inizio non mi convinceva del tutto, ma più l'ascolto e più mi piace.
Tormentone estivo a scoppio ritardato.

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