Canova: un Crimine Contro l’Umanità Passato Sotto Silenzio

Creato il 03 gennaio 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Davide Frezzato 3 gennaio 2014 arte, pensieri à gogo Nessun commento

Il delitto è stato commesso il 2 agosto scorso, alcuni giornali ne hanno parlato il 10 settembre… pochi sembrano essersene accorti. Un Canova è morto, ma nessuno andrà in carcere per questo delitto contro l’umanità e contro la cultura. Fra i colpevoli, il nome a spiccare maggiormente è quello di Giancarlo Galan, ex ministro per i Beni e le Attività Culturali, ovvero quel ministero che dovrebbe tendere non a distruggere ma a preservare e valorizzare i Beni Culturali del nostro Paese. Un bassorilievo in gesso di Antonio Canova, custodito nell’Accademia di Belle Arti di Perugia, è stato staccato dal muro per essere spedito ad Assisi dove sarebbe stato esposto ad una mostra che ha destato non poche perplessità per quanto riguarda la qualità dell’organizzazione. Accidentalmente il gesso è caduto durante il trasporto ed è andato in frantumi, inutile sperare in un restauro. Questa è la fine ingloriosa di un pezzo della Storia e della Cultura del nostro paese. L’opera, infatti, nonostante faccia parte dell’assai prolifico filone mitologico, a cui l’artista si è ispirato per realizzare la maggior parte dei suoi bassorilievi, era uno dei pochi esemplari raffiguranti l’uccisione di Priamo. A poco valgono i circa 700.000 euro che l’assicurazione dovrebbe pagare per risarcire il danno, se pensiamo che oltretutto stiamo parlando di una donazione fatta dagli eredi di Canova all’Accademia; è difficile anche fare una stima, dal momento che per colpa di qualcuno è stato distrutto un patrimonio unico che non potrà essere trasmesso alle generazioni future. Spostare un’opera d’arte dal suo luogo di conservazione, galleria o museo che sia, non dovrebbe quasi mai essere permesso. Ci sarebbe bisogno di una forte necessità, dal momento che il rischio è quello di distruggere o danneggiare seriamente l’oggetto che si intende trasferire. La mostra di Assisi aveva un valore artistico e culturale tale da giustificare l’operazione? Diciamo tranquillamente di no. Molti erano a favore di questa esposizione nata sotto i più stupidi auspici, molti ci hanno messo la faccia e quasi nessuno ne è uscito illeso o con la propria immagine migliorata, neanche di poco.

Fra i vari problemi che hanno afflitto la Cultura in questi anni, il peggiore senza ombra di dubbio è quello della politica. Infatti, la mostra di Assisi trova le sue radici nella Gipsoteca Canoviana di Possagno, che, trasformata in fondazione, diventa l’ennesimo parcheggio (o, se preferite, l’ennesimo premio di consolazione) per coloro che hanno perso la poltrona. Qui Galan ha scoperto il suo amore per Canova e nel giro di pochi anni ha deciso di dar nuovo lustro all’artista: pertanto nel novembre 2012 utilizza la Gipsoteca per realizzare il catalogo Intimissimi, facendo scoprire al mondo che l’arte non deve rimanere chiusa in stanze ammuffite come quelle dei musei ma può essere rispolverata e messa a lucido per rendere omaggio alla vendita di mutande e reggiseni. Giusto per rimarcare l’importantissimo apporto che tutta la politica italiana, indistintamente dal colore politico, dà all’arte vi riportiamo le parole dell’allora sottosegretario ai Beni Culturali Roberto Cecchi (governo Monti): «economia e cultura sono un tutt’uno, non a caso siamo il bel paese».

La giustificazione della mostra di Assisi, che oltre a non vantare un progetto non aveva neanche una linea culturale, è da ricercare nel fatto che il fratello di Canova avesse avuto delle proprietà in Umbria; la geniale motivazione è stata partorita niente meno che da Arnaldo Colasanti, direttore artistico di Perugiassisi 2019, critico letterario e conduttore di un’edizione di Uno Mattina Estate. Le alquanto ilari spiegazioni non si fermano a quanto già detto. Basti pensare a quella fornita dal direttore dell’Accademia di Perugia, secondo il quale l’evento aveva senso nella vicina Assisi (e non nell’Accademia dove ne avrebbe avuto sicuramente di più) date le affinità armoniche tra le forme neoclassiche di Canova e i versi medioevali di San Francesco. Abbiamo permesso ai maestri del vuoto di distruggere un pezzo d’Italia che non potrà più essere ricostruito, neanche da dei tecnici. Vogliamo continuare a lasciare la nostra ricchezza culturale in mano a degli zotici (ovvero, persone che ignorano la cultura e le tradizioni di un paese, giusto per ricordarlo) o ci riprendiamo ciò che culturalmente ci appartiene e abbiamo il dovere di conoscere e preservare per le generazioni future?


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :