di Vincenzo Scarpello
La battaglia di Lepanto
Non si può propriamente parlare di una vera e propria cantieristica corsara, sebbene le navi utilizzate da questi ultimi fossero all’avanguardia e strategicamente sempre efficacissime negli scontri di corsa.
L’entroterra degli stati nordafricani era poverissimo di legname e le flotte che effettivamente presero il mare non avrebbero mai potuto essere allestite con il solo legno dei palmeti. In realtà tanto le prede delle incursioni furono riadattate oppure se ne trassero i materiali per la costruzione di nuove navi quanto i rifornimenti di legname furono garantiti principalmente dall’impero ottomano, ed in secondo luogo dalla Francia.
I cantieri navali dei barbareschi si trovavano nelle vicinanza delle capitali degli stati e potevano valersi dell’opera dei più formidabili artigiani navali, che venivano addirittura ingaggiati dall’estero, e di una manodopera praticamente gratuita, costituita dagli schiavi che abitavano i bagni penali. In particolare Algeri disponeva di un vero e proprio arsenale, situato ad est della città, nel quale l’attività frenetica di artigiani ed esperti di architettura navale era ben vigilata dagli spagnoli dalla fortezza del Peňon.
Le squadre navali dei barbareschi erano incentrate prevalentemente sulla galera, una nave che aveva fatto la sua comparsa nel mar Mediterraneo già all’inizio del XIV secolo. Era questa una nave dal profilo basso lungo e basso, mossa a remi e da due vele latine triangolari, poste su due alberi, il trinchetto come maestro ed il marabutto, l’assenza del quale e le ridotte dimensioni trasformavano la galera in fusta. Tutte le navi corsare, al contrario di quelle occidentali, erano nella concezione molto più semplici e lineari, essendo al minimo limitate le sculture lignee e gli abbellimenti di alta ebanisteria che caratterizzavano le navi cristiane; ciò era dovuto ad un duplice motivo, strategico e culturale: quello strategico era quello di limitare i costi delle navi per predisporne un numero maggiore a minor prezzo, quello culturale era il divieto religioso per i corsari islamici di raffigurare forme umane, preferendo tutta l’altre islamica le decorazioni geometriche o naturalistiche.
Una galera classica
Le galere barbaresche disponevano di una duplice castellatura, l’al-quasar, l’una posta a poppa, dove si disponevano il raìs e la sua guardia, con gli ufficiali, e l’altra a prua, costituita da due rambate affiancate, sulle quali si disponevano i picchieri pronti a difendere la propria navi dagli assalti del nemico e dalle quali a loro volta avrebbero potuto compiere arrembaggi. Su ciascun bordo, al di sopra della teoria dei remi vi era un lungo e stretto ballatoio, detto balestriera, sul quale si disponevano dapprima i balestrieri e gli arcieri e poi gli archibugieri. Le due file di banchi dei rematori erano divise da una corsia dove stazionavano gli alguazil, i sorveglianti (da cui il nostro aguzzini), che dovevano sferzare i rematori per battere il tempo di voga.
La galera era dotata di un rostro di metallo grazie al quale avrebbe potuto sfondare la carena della nave avversaria qualora fosse passata indenne dal fuoco delle bordate. L’armamento era costituito da tre o cinque pezzi prodieri, che costringevano i comandanti ad un fuoco esclusivamente diretto, dovendo questi ultimi aggiustare la mira con complesse manovre del timone. Sottocoperta trovavano posto le vettovaglie indispensabili alla sopravvivenza minima, dato che la galea barbaresca traeva il suo punto di forza proprio sull’agilità e la facilità di manovra. Fu questo il motivo per il quale non venivano sovraccaricate con artiglierie e grosse scorte di acqua (e questa la necessità per le cosiddette acquate).
L’introduzione di velieri, la cui propulsione era condizionata esclusivamente dallo stato dei mari e dei venti,e che potevano montare anche sui bordi batterie di artiglieria, portò alla creazione tanto da parte corsara quanto da parte occidentale alla ideazione di ibridi che spesso ebbero una notevole fortuna. La galeazza, la punta di diamante delle flotte mediterranee occidentali, era una galea più tozza e più grande, con un bordo sopraelevato che consentiva anche l’impiego di artiglieria di fiancata, mossa tanto da remi quanto da tre alberi a vela latina, con una castellatura più massiccia. L’introduzione rivoluzionaria dell’artiglieria di fiancata ne faceva un formidabile strumento di contrasto alle galee corsare, che qualora avessero azzardato un arrembaggio o uno speronamento, sarebbero state investite dalla gragnola dei colpi di bordo, con il rischio di colare a picco.
Miniatura di un galeone ottomano
Il galeone era una galeazza a velatura quadra priva di remi e con una castellatura ancora più alta e massiccia, impiegato soprattutto nella navigazione oceanica. Alla galeazza i corsari risposero con lo sciabecco, una galea a propulsione velica di randa, trinchetto e marabutto, che all’occasione poteva essere anche mossa da remi. Lo sciabecco soppiantò la galea soprattutto dal XVII secolo in poi.
Brigantini e velieri non vennero utilizzati dai corsari del Mediterraneo, ma furono preferiti nella corsa oceanica. Ciò non esclude che i corsari, soprattutto quelli di origine olandese o inglese, si siano serviti di velieri nel corso delle scorrerie, preferendo le vele quadre ed il fuoco di fiancata alle pericolose manovre di galee e sciabecchi. Non si può dunque parlare di una evoluzione delle navi corsare, la cui fisionomia rimase per tre secoli quella delle navi medioevali. Certo furono adottati degli accorgimenti tecnici ed introdotte delle novità soprattutto con l’avvento dell’artiglieria navale, ma per tutta la storia della corsa la galea continuava a costituire il nerbo delle flotte corsare.
La flotta tipo dei barbareschi poteva variare da due o tre galee ad una vera e propria squadra di 20-30 navi per le operazioni principali, la cui composizione era notevolmente varia, tra sciabecchi, fuste, galere, navi onerarie e navi eventualmente catturate. Un elemento che costituisce un punto strategico a vantaggio delle flotte cristiane era costituito dalla composizione dei forzati ai remi: mentre i corsari adoperavano esclusivamente schiavi cristiani, che spesso si rivoltavano agli aguzzini ribaltando le sorti degli scontri navali (celebre fu il caso di Lepanto, dove la ribellione dei rematori cristiani contribuì alla rotta del settore centrale dello schieramento ottomano), i cristiani adoperavano o un equipaggio misto (che avrebbe causato in caso di ribellione insanabili dissidi tra quanti, musulmani, volevano tornare in Barberia, e forzati cristiani, che volevano riparare altrove) o un equipaggio di condannati cristiani che all’occorrenza sarebbero potuti essere liberati ed impiegati come soldati.