Magazine Cultura
Pubblico volentieri la recensione di Federica Gazzani sul suo libro "Canto africano":
Canto africano di Federica Gazzani ha vinto la terza edizione del Premio letterario “Il Camaleonte” e si è classificato secondo all’8° Concorso letterario “Il Giunco” nel 2004.
Canto africano racconta, in forma autobiografica, un viaggio effettuato nel 1979 in terra d’Africa. Viaggio che, grazie ai soprusi e alle vessazioni subite, si trasforma per Federica in un’avventura che sprofonda nelle sinuosità del cuore. Perché di cuore, di emozioni e di sensibilità è intriso tutto il romanzo. Federica dà prova, alla sua prima esperienza, di una prosa descrittiva di grande naturalezza anche nei momenti di tensione, che porta il lettore ad immedesimarsi e a soffrire con lei la fame e le angherie di Danny, un cantautore camerunese conosciuto per caso e con il quale è partita. A spingerla è il desiderio di conoscenza, la curiosità per una terra lontana e misteriosa, ma anche l’incoscienza di una venticinquenne che lascia le certezze di una vita ordinata da studentessa universitaria, per affrontare incognite già di per sé sinonimi di avventura.
Il desiderio di conoscenza e di contatto con l’”altro” traspare anche nei momenti di dolore, quando il ritorno a casa si fa sempre più irrealizzabile: ”Nei giorni di disperazione, scendevo in strada a giocare con i bambini che, per via della pelle bianca, mi consideravano una specie di attrazione. Mi saltellavano intorno cantilenando yovo, yovo, e io approfittavo, non senza vergogna e sensi di colpa, di parte delle loro merende.”
La mancanza di giudizio nei confronti della diversità, lo spirito d’adattamento, l’accettazione e la determinazione nel non voler soccombere - resi con un linguaggio semplice ed essenziale - fanno del romanzo uno spunto prezioso di riflessione sul nostro vivere occidentale, ritmato il più delle volte da frenesia e preconcetti. E proprio il ritmo, con la sua energia vitale, è reso sostanziale dalla naturalezza delle movenze africane, dalla quotidianità dei canti, dall’incontro con Manu Dibango in sala d’incisione.
Musica come colonna portante e comune denominatore anche nei silenzi delle notti equatoriali, così diverse e intimiste: “Guardai il cielo chiedendomi quanti altri stessero facendo la stessa cosa, e lui sembrò rispondermi: migliaia di stelle brillavano a pochi centimetri dal mio naso, con una lucentezza tale da togliere il fiato. Sentivo di appartenergli totalmente. Avrei potuto provare paura o smarrimento, invece affondai la testa nella coperta, mi rilassai nell’abbraccio accogliente della sabbia e mi addormentai serena, nonostante il freddo pungente.”
Gli struggenti sfoghi con Dio di Federica nella profondità dei tramonti africani, rendono palpabile la sua fragilità e la disperata ricerca di conforto. Solo la propria legge morale le dà la forza di superare situazioni forse risolutive ma discutibili. Anche l’amore ha la sua parte e la sostiene, dal rapporto sereno con Diego prima, al conflitto lacerante che un prepotente colpo di fulmine le provoca: ”Quando alzò la testa, il suo sguardo incontrò casualmente il mio. E lì si fermò... ma, mio malgrado, anche tutto il resto. Di colpo, mi sembrò di non avere più la terra sotto i piedi, mi girava leggermente la testa e le gambe sembravano non reggermi più, ma non era una sensazione sgradevole. Ondate di calore partivano dall'inguine e mi invadevano fino alla punta dei capelli. Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a staccare i miei occhi dai suoi. Forse avevo smesso anche di respirare.”
L’esperienza raccontata, o meglio “cantata” di Federica, rivela tutto il suo rimpianto per l’abbandono di una terra e di un popolo vissuti come propri. Un’apertura all’Africa e al suo fascino, alla sua musica e all’amore, da leggere tutto d’un fiato.
Potrebbero interessarti anche :