Capire Downton Abbey

Creato il 12 gennaio 2014 da Giovy

Picture from Wikimedia Commons

Questa settimana ho letto due diversi articoli, uno su carta e uno sul web, che mi hanno fatto pensare a Downton Abbey e, quasi quasi, mi hanno fatto venire voglia di andare a fare un giro dalle parti di Highclere Castle (questo è il nome vero della magione inglese) nel Sud dell'Inghilterra.
La serie televisiva è ambientata nel Nord, nello Yorkshire, ma le riprese e tutto il mondo di Downton sono costruite a sud della perfida Albione.
Non è tanto del luogo dove tutto si svolge che voglio parlarvi.
Questo post nasce più che altro come risposta a quanto letto su Repubblica.it qualche giorno fa.
Avrei voluto uno spazio per commentare, come avrei voluto scrivere a Guia Soncini per complimentarmi per il suo ottimo pezzo relativo a Downton scritto per l'edizione cartacea di Vanity Fair.
Questa serie tv inglese ha fatto faville ovunque sia stata trasmessa, vincendo premi su premi e tenendo le persone incollate ai teleschermi come succedeva negli anni '80 da noi con Dallas.
In Italia, a quanto pare, la reazione non è stata la stessa.
Il direttore di Rete 4 commenta la debacle di ascolti dell'ultima stagione trasmessa in Italia con il fatto che, secondo lui, la serie parla "alla testa e non alla pancia".
Quando ho letto quest'affermazione mi sono messa ad osservare il vuoto come la mucca che guarda passare il treno. Più che questione di pancia o testa, qui è questione di basi, conoscenza e voglia di approfondire. Almeno secondo me.
Forse sono io ad essere sbagliata ma mi capita spesso che ci sia qualcosa che mi faccia ragionare.
E Downton non è solo una storia d'amore melensa di inizio '900 e non è di certo il contenitore delle vicende di una famiglia troppo lontana dall'immaginario attuale.
Downton racconta, a modo suo, una specie di favola e lo fa mettendo nero su bianco tante (forse troppe?) finezze britanniche.
Probabilmente servirebbe un prequel che spieghi molto di quella cultura britannica che tanto differisce dalla nostra italiana. O forse basterebbe ricordare un po' quello che le nostre prof di inglese ci raccontavano a scuola. Proprio quelle parole che raccontavano una civiltà diversa dalla nostra, mentre noi eravamo intente a scrivere sulla Smemo della nostra compagna di banco o a citare chissà quale frase di Jim Morrison da ricopiare sullo zaino.
Downton Abbey è un prontuario di cultura britannica portata quasi all'esasperazione.
Capire quella serie non è questione di pancia o testa: è questione di curiosità e conoscenza.
Ci sono tanti elementi che lo spiegano e potrei stare qui ore a scriverne.
Come il fatto di avere un abito adatto per ogni giornata oppure qualsiasi delle battute di Maggie Smith, che mette in scena alla perfezione il classismo tipico di quei giorni. Cose tipo  "Non piangere così mia cara, fa tanto classe media" mi hanno lasciata davvero a bocca aperta.
A me Downton piace un sacco e, in lingua originale, è ancora meglio.
Durante il mio ultimo viaggio in Inghilterra mi sono gustata qualche puntata della nuova serie, quella che probabilmente (a sto punto) in Italia non vedremo mai.
L'articolo di Repubblica.it cita alcune serie nazional popolari molto famose.
Non discuto sulla loro bellezza o sull'importanza che possano avere sulla carriera degli attori che vi hanno preso parte ma, a dirla tutta, preferirei 100 corsi per carpire Downton Abbey che un altro Don Matteo o L'onore il rispetto.
Downton Abbey alimenta la mia nostalgia e la voglia di tornare su quelle terre.
Lunga vita, quindi, a Lord Grantham e figlie... che ci siano altre mille puntate capaci di portare una ventata di diversità nei nostri programmi televisivi che, ormai, puzzano sempre più di stantio e di riciclo fatto male, molto male.

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