Veduta d’interni. Uno sguardo da dentro lo spogliatoio della mia palestra. La commessa del settore moda, che lamentava di essere sull’orlo del licenziamento, lisciava l’orlo della gonna appena ri-indossata a mani aperte, soppesando la rivalutazione della propria immagine riflessa nello specchio dopo tanto sudare. Chissà le conclusioni.
Raccontava, rivolgendosi a qualcuno che non riuscivo a identificare, dietro la selva di vestiti appesi, dentro la nebbia del vapore sollevato dal calore delle nostre docce: Anche in televisione ieri l’ho sentito dire: il crollo dei consumi, la gente che si adatta e ricomincia a rammendare i capi. Io non lo so, ma stamattina sono entrate tutte, le nostre clienti abituali dei Parioli, tutte. Dite la verità, ma per la crisi, chi di noi ha veramente rinunciato a qualche cosa?
(Nel biancore umido si intravedevano forme umane così tanto simili ad altre forme umane, ma immagini di un’uguaglianza dissonante rispetto alle teorie marxiane del valore. Era la classe lavoratrice che parlava, e la sentivo bene, e non considerava il suo lavoro come merce. Grazie anche alle nebbie, ho idee che si stanno facendo fanno sempre più precise sul fallimento delle rivoluzioni del presente.)
Eppure è così. Almeno a Roma, e lontano dai Parioli, forse – ma è sempre meglio non generalizzare-, moltissimi si ingegnano, e si votano al riuso. Alcuni di questi sono Eugenio e Valentina, due miei amici, che presenteranno alla Città dell’Altra Economia la formula del Car Boot Sale.
Ecco la locandina, oggi ne parla pure Weekendout.