Sony NEX-5 con 16mm – 1/500 f/5 ISO 200 RAW
L’interno della chiesetta era completamente devastato, uno sfacelo di calcinacci, assi di legno, vetri fracassati, quadri a terra, ex voto e candele sparpagliate ovunque. Una coperta di polvere ammantava tutto: i pochi banchi, gli inginocchiatoi, gli altari laterali e quel che restava di un portacandele. Il sole del pomeriggio entrava di sbieco dal tetto squarciato e rendeva il tutto ancor più irreale. Dalla penombra appena fuori il cono di luce, qualcosa sembrava osservaci. Quando mi resi conto che era il volto di un bambino, mi abbassai di scatto. – C’è qualcuno!
La foto forse tecnicamente non è tra le più riuscite della serie, ma la inserisco per una ragione particolare. Quella nel testo è la “chiesetta del Drago“, un altro dei luoghi chiave del libro. Così come descritta esiste solo nella mia fantasia, è più che altro un insieme di posti attraverso cui sono passato.
Lo sfacelo è quello che si parò davanti ai miei occhi nella piccola chiesa di San Luigi nel maggio del ’76. Non avevo nemmeno dieci anni, ci capitai davanti in bici per caso (era proprio accanto alla biblioteca, dove andavo quasi tutti i pomeriggi). La porta era spalancata, cosa strana perché quella chiesa era sempre chiusa e mi ci affacciai. Quel disastro è impresso a fuoco nella mia memoria e rivive lungo tutto il capitolo.
Il nome, chiesetta del Drago, si ispira invece a quello di un piccolo edificio religioso che c’era in paese, dedicato a San Giorgio. Anche questo era sempre chiuso, ma sbirciando da una finestrella si poteva vedere all’interno una zanna appesa ad un trave. La tradizione voleva che fosse proprio uno dei denti del Drago di San Giorgio e avesse particolari poteri.