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Perché una musica sia piacevole all’orecchio (perché sia musica, appunto, e non una cacofonia di rumori) ogni nota deve armonizzare con le altre, ma questo non può avvenire se le voci e gli strumenti che le generano non funzionano a dovere, se non sono integri, “oliati” e atti allo scopo. Con i rapporti umani è lo stesso, le personalità devono legarsi e compenetrarsi, le rispettive mancanze e debolezze rese manifeste perché la comprensione e l’accettazione reciproca facciano sì che tutti possano beneficiare della relazione: se coloro che si relazionano non si conoscono a fondo, questa fusione di anime non potrà mai avvenire e il rapporto resterà sempre a un livello superficiale, sebbene di primo acchito possa apparire diversamente, e nonostante questo l’affetto, quello vero, cercherà di passare sopra a tutto questo, attaccandosi a quanto di buono la relazione può comunque offrire, usando i ricordi come collante. Quando però le persone non conoscono nemmeno se stesse, ogni sforzo sarà vano. Una tale premessa è doverosa non solo per via della citazione tratta dal film, là in alto, ma soprattutto perché nonostante “Whispering corridors 4: Voice” sia ambientato in una scuola come i precedenti episodi della serie, è evidente fin da subito che quello spazio fisico nell’economia della storia è importante solo nella misura in cui circoscrive l’azione e intrappola, fisicamente e psicologicamente, alcuni personaggi chiave; scomparso dalla narrazione ogni riferimento sociale a favore di una dimensione più intima e privata, è la musica a fornire ai fatti il contesto, il movente e la filosofia di fondo.
Il film comincia con la misteriosa morte di Park Young-eon che, rimasta a scuola fino a tarda ora per esercitarsi nel canto (ricordate il post uscito qui solo pochi giorni fa?), viene aggredita da uno spirito nel corridoio adiacente l’aula di musica. È la scena che apre la quarta parte della serie dei corridoi sussurranti, una delle poche scene realmente violente di tutta la serie: Park Young-eon si ritrova con la gola recisa da un foglio di carta, uno spartito, che saettando nell’aria le si abbatte sulla gola con la violenza di un rasoio. La sua morte non verrà però scoperta, come saremmo portati a credere, la mattina successiva: il suo cadavere verrà invece ritrovato solo giorni più tardi nel pozzo di un ascensore.
Kang Sun-min, la sua migliore amica, inizia invece da subito a percepirne la voce e ad intuire che qualcosa di terribile è accaduto. Con l’aiuto di Cho-ah, una compagna sensitiva, avrà conferma che Young-eon è morta e che il suo spirito è ora imprigionato tra le mura della scuola. Per tutti gli altri studenti Young-eon è semplicemente assente, forse perché malata o forse perché impegnata a commemorare l’anniversario della morte di sua madre che cade proprio in quei giorni. E il film, difatti, ci presenta (in maniera direi molto originale) il punto di vista di tutte e tre le ragazze, permettendoci di empatizzare (soprattutto) con la disperazione di Young-eon che non è, una volta tanto, il solito fantasma orientale in cerca di vendetta, quanto una semplice ragazza colta alla sprovvista da una realtà completamente nuova, da un nuovo stato dell’esistenza del quale fatica a prendere coscienza.
Ma spesso la superficie delle cose solo apparentemente riflette ciò che è celato al suo interno. In “Whispering corridors 4” possiamo scorgere una vittima e l’inevitabile ricerca di un colpevole, come nelle più classiche delle detective-story, ma quello è solo il lato sbagliato dal quale un osservatore esterno può tentare un approccio. Che ruolo ha nella vicenda lo spirito di una ragazza morta suicida molto tempo prima? Young-eon è sincera quando dice che non la conosceva? Cosa ci faceva la professoressa di musica nell’edificio scolastico la notte che Young-eon è morta? Quale fondamento hanno le insistenti voci circa una relazione intima tra le due? C’è qualcosa nel passato di Young-eon che la ragazza non riesce a confessare nemmeno a se stessa? A tutte queste domande una risposta è superflua. Nel senso che a noi non importa nulla di queste oscure vicende. Noi amiamo osservare la figura di Young-eon, morta con la consapevolezza di esserlo.
Ma la morte non è il peggiore dei mali, direbbe forse qualcuno. È vero, dico io: peggio della morte c’è l’oblio. “Ricordati dei morti” era il motto del secondo capitolo, ricordate? “Ricordati di me” è ciò che cerca di dire oggi Young-eon perché, nella sua nuova condizione, si rende conto che è proprio nel ricordo di chi è rimasto la chiave della vita eterna. Il giorno che Sun-min non sarà più in grado di udire la voce della sua sfortunata compagna, quello sarà il momento in cui l’oblio sarà definitivamente calato, e con esso si chiuderà quell’impercettibile varco che ancora consente all’anima di Young-eon l’illusione di esistere nella sua forma a noi più nota. O sacrum convivium, in quo Christus sumitur: recolitur memoria passionis eius: mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur. Non è evidentemente un caso se la colonna sonora del film include questo magnifico brano di San Tommaso d’Aquino, formato da appena cinque righe, brano che viene usato ancora oggi dalla Chiesa nella liturgia delle ore del Corpus Domini. Ascoltatelo nel video che ho inserito in fondo al post.
Ricordate quando le volte precedenti parlammo di quelle risatine e di quei bisbigli, reali o soltanto immaginati, che si potevano sentire ovunque tra i corridoi scolastici? Quei nemmeno tanto vaghi segnali di disapprovazione o di derisione che sono stati la colonna sonora più classica dell’insicurezza degli adolescenti di tutto il mondo? In questo quarto episodio i bisbigli sono ancora presenti ma, una volta tanto, vi è in essi una bidirezionalità. Voci flebili ed eteree che tendono a sfumare con il trascorrere dei minuti: quelle percepite da Sun-min, ma anche quelle udite da chi, ancora una volta, si sente diverso dagli altri. Se precedentemente avevamo assistito a diversità tutto sommato “classiche” (reali o soltanto immaginate) questa volta la diversità è ben più accentuata. La ragazza grassa del terzo capitolo e la ragazza omosessuale del secondo non erano diverse come può esserlo Young-eon, una ragazza che non appartiene nemmeno più al mondo dei vivi. In questo “Whispering Corridors 4” la diversità è assoluta e qualsiasi forma di comunicazione è fragile come una lucertola nelle mani di un bambino.
Come non mettersi quindi nei panni di Young-eon in una vicenda che, come si sarà intuito, è vista in gran parte dalla sua prospettiva, una vicenda narrata con gli occhi di un fantasma che, finché ha un legame con la vita, continua a provare sentimenti d’amore, d’amicizia e di dolore? Perché una musica sia piacevole all’orecchio ogni nota deve armonizzare con le altre, dicevamo all’inizio. È l’essenza stessa dell’amicizia, del suo inizio e della sua fine. Young-eon, il suo fantasma, la sua scuola, altro non sono che una grande metafora della vita. Nulla è eterno su questa terra, tantomeno lo è l’amicizia che, più di qualunque altra cosa, è perturbabile dall’incedere inarrestabile del tempo. L’amicizia è un momento transitorio destinato a finire, ma del resto, per andare avanti, è doveroso dimenticare: chi esce dalla tua vita “muore” per te, diventa quindi invisibile e inudibile proprio come se fosse morto. Young-eon si aggrappa alla propria voce come si aggrappa alla vita e, ironicamente, muore con proprio la gola recisa da uno spartito…
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