20 Marzo 1985
Abbiamo approfittato di un anticipo di primavera per fare una gita.
Siamo partiti alle 7 circa, perché la strada per Monaco era lunga, anche se c’era la nuova Talbot 1100 di Florian.
A vederla sembrava davvero un’auto usata, o comunque vecchia.
Gli dissi: – E la Golf cabrio?
- Ho paura piova.
- Capito, ma per quello c’è il tettuccio, no?
- Ti fa schifo la Talbot 1100?
- No, no; però speravo nella Golf Cabrio, tutto qui.
Speravo che si ripetesse proprio la stessa atmosfera della gita a Norimberga. Evidentemente no.
Questa volta il viaggio è stato molto più lento.
Io stavo dietro con Marty, Ralf davanti. Florian, ovviamente, guidava.
Non stavo così vicino a Marty da QUEL girono.
L’imbarazzo era palpabile. Così palpabile che Ralf e Florian potevano fare battute e dirsi pessime barzellette per tutto il tragitto.
Ogni tanto ci vedevamo negli occhi e capivo sempre più che l’imbarazzo palabile era solo da parte mia.
Avrei preferito la Golf Cabrio anche perché col vento potevo parlarle senza dovermi preoccupare che sentissero davanti. Anche se sapevano.
Lei fece il primo passo.
- Durante il viaggio ho pensato molto a quello che è successo tra noi.
- Quindi?
- Mi dispiace di aver rovinato il nostro rapporto di amicizia per una notte.
- Non ti preoccupare, non è stata solo colpa tua.
Penso mi fossi temporaneamente rincoglionito per aver detto una cosa del genere.
È difficile esprimere il proprio malessere senza mandare a cagare le persone e mandare tutto alla deriva. Questo era uno di quei casi.
Monaco era bella come me l’aspettavo. Però avrei voluto uccidere Marty.
Infatti appena arrivata esclamò: - Vorrei tanto vivere qui.
Avrei voluto darle una botta in testa. Ma non per quello che ha detto, quanto per il fatto che avesse parlato.
Ormai la sua presenza, da imbarazzante, era diventata fastidiosa.
Dovevo però sopportarla per via del negozio, della voglia di esportare musica.
Mi chiesi, però, se fosse necessario soffrire così. Mi risposi di no. Ovviamente.
Stampai il sorriso di merda più efficace che potessi fare sul mio volto e andai avanti.
Vidi un negozietto di musica, simile al nostro. Chissà se anche loro smerciavano ad est come facevamo noi. Ero tentato dall’entrare e chiedere, ma il buon senso intervenne e mi frenò.
Però fermandomi avevo perso gli altri, che erano già a fare colazione. Li vidi dopo un po’, e vidi anche Marty che mi faceva ampi gesti da lontano, gridando: – Dai vieni!
Stampai un sorriso di merda.
- Sì, vengo.
20 Marzo 1985
Abbiamo approfittato di un anticipo di primavera per fare una gita.
Siamo partiti alle 7 circa, perché la strada per Monaco era lunga, anche se c’era la nuova Talbot 1100 di Florian.
A vederla sembrava davvero un’auto usata, o comunque vecchia.
Gli dissi: – E la Golf cabrio?
- Ho paura piova.
- Capito, ma per quello c’è il tettuccio, no?
- Ti fa schifo la Talbot 1100?
- No, no; però speravo nella Golf Cabrio, tutto qui.
Speravo che si ripetesse proprio la stessa atmosfera della gita a Norimberga. Evidentemente no.
Questa volta il viaggio è stato molto più lento.
Io stavo dietro con Marty, Ralf davanti. Florian, ovviamente, guidava.
Non stavo così vicino a Marty da QUEL girono.
L’imbarazzo era palpabile. Così palpabile che Ralf e Florian potevano fare battute e dirsi pessime barzellette per tutto il tragitto.
Ogni tanto ci vedevamo negli occhi e capivo sempre più che l’imbarazzo palabile era solo da parte mia.
Avrei preferito la Golf Cabrio anche perché col vento potevo parlarle senza dovermi preoccupare che sentissero davanti. Anche se sapevano.
Lei fece il primo passo.
- Durante il viaggio ho pensato molto a quello che è successo tra noi.
- Quindi?
- Mi dispiace di aver rovinato il nostro rapporto di amicizia per una notte.
- Non ti preoccupare, non è stata solo colpa tua.
Penso mi fossi temporaneamente rincoglionito per aver detto una cosa del genere.
È difficile esprimere il proprio malessere senza mandare a cagare le persone e mandare tutto alla deriva. Questo era uno di quei casi.
Monaco era bella come me l’aspettavo. Però avrei voluto uccidere Marty.
Infatti appena arrivata esclamò: -Vorrei tanto vivere qui.
Avrei voluto darle una botta in testa. Ma non per quello che ha detto, quanto per il fatto che avesse parlato.
Ormai la sua presenza, da imbarazzante, era diventata fastidiosa.
Dovevo però sopportarla per via del negozio, della voglia di esportare musica.
Mi chiesi, però, se fosse necessario soffrire così. Mi risposi di no. Ovviamente.
Stampai il sorriso di merda più efficace che potessi fare sul mio volto e andai avanti.
Vidi un negozietto di musica, simile al nostro. Chissà se anche loro smerciavano ad est come facevamo noi. Ero tentato dall’entrare e chiedere, ma il buon senso intervenne e mi frenò.
Però fermandomi avevo perso gli altri, che erano già a fare colazione. Li vidi dopo un po’, e vidi anche Marty che mi faceva ampi gesti da lontano, gridando: – Dai vieni!
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