Sony Nex-5 con Zeiss Sonnar 24mm – 1/60 f/1.8 ISO1600 RAW
“Ha bisogno di aria, esce. Un freddo madido le arriva in faccia. Il tempo è cambiato più rapidamente di quanto previsto, il piazzale è ora fradicio. Osserva le gocce nel controluce furioso di un faro lasciato a presidiare la notte. Dalle sue spalle arrivano i rumori delle squadre rientrate, ma lì davanti non c’è nulla. Il mondo finisce ai margini di quel cono di luce, oltre c’è solo nero.”
Un altro capitolo complesso da scrivere, per due ragioni molto diverse.
Innanzitutto ho dovuto documentarmi a fondo su procedure, prassi e attività che vengono (o dovrebbero essere) svolte in queste particolari situazioni di emergenza. Volevo verosimiglianza, attenermi il più possibile allo svolgimento di fatti reali, a quello che succede in una cittadina quando la routine viene sconvolta da un fatto simile. Ho letto articoli, norme, procedure operative e parlato con diversi operatori del settore. Ho scoperto che l’allarme sociale suscitato da eventi come quello che sto narrando è tale da aver portato all’istituzione perfino di uno specifico Commissario Straordinario del Governo. Ho appreso dell’impegno a vari livelli di moltissimi altri attori, che nemmeno immaginavo: dagli Uffici Territoriali del governo alle numerose associazioni di volontariato, dalle Forze dell’Ordine ai Servizi Sociali.
In secondo luogo, il trovarmi di fronte a fatti reali, il leggere o sentir raccontare di storie vere ha fatto vacillare la mia determinazione. Mi sono bloccato, ho smesso di scrivere. Ogni volta che riaprivo il file lo stomaco mi si serrava. Come posso costruire un’opera di fantasia su un argomento del genere? Queste cose succedono. Succedono davvero. Sconvolgono le vite di persone, di gente normale, come me. E io? Io sto costruendo un racconto, una storia, attorno a questo. E’ giusto? Perché lo faccio? Per il solo diletto di creare un intreccio, di giocare a trova l’indizio con il lettore? O c’è qualcos’altro?