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Capitoni coraggiosi

Creato il 16 marzo 2016 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Anguilla_anguilla

Author Ron Offermans

di Umberto Scopa. Una piccola storia locale può diventare, se ci riesco, un storia che interessa tutti. Tutti conoscono il Po. Almeno come nozione geografia da scuole elementari. Tutto il nord si abbevera nelle sue acque, e qualche “buongustaio” padano doc anche con ampolline. Il Po è un albero radicato nella pianura padana con innumerevoli ramificazioni affluenti e defluenti. Un rametto poco noto si chiama Po di Volano e oggi divide la città di Ferrara in due parti, cosa che neppure la politica è in grado di fare. E’ navigabile, ma gli unici traffici fluviali sono quelli dei motoscafi parcheggiati sulla Darsena, un porticciolo turistico che sorge a pochi passi dal centro cittadino.

Non è un fiume naturale il Po di Volano che attraversa Ferrara oggi. Nel 1826 nasce un progetto per una via d’acqua che dal centro di Ferrara conduca al mare. Non si tratta di un’originale trovata per portare più velocemente i ferraresi alle spiagge della costa (nella 800 via terra si viaggia con le carrozze e non c’è ancora la superstrada Ferrara-mare, anche se a vederla oggi verrebbe il dubbio). Il committente è lo Stato pontificio e ha delle solide ragioni politico commerciali. Il nuovo assetto politico vede gli austriaci allocati sulla sponda nord del corso principale Po e lo stato Pontificio non è padrone di un suo accesso navigabile al mare. Per capire avere un quadro dei tempi annoto che un anno prima in Gran Bretagna era già stato realizzato il primo tratto ferroviario (tra Stockton e Darlington) aprendo la nuova frontiera della strada ferrata (in Italia arriva solo nel 1839 – Napoli – Portici). Il progetto pontificio di una via d’acqua è già superato dai tempi, ma procede. E si realizza.
Oggi il Volano è navigabile solo in alcuni tratti. La Darsena Ferrarese è praticamente insabbiata. Passa solo qualche motoscafo di facoltosi ferraresi nelle gite estive del week end. Ogni tanto si vedono i bravi canottieri che si allenano in ogni stagione e con ogni tempo, praticando questo duro sport con passione senza molte altre gratifiche oltre la passione stessa.
Esiste attualmente un progetto che si chiama “progetto idrovia” e prevede la navigabilità verso il mare e dal mare per navi commerciali. Si parla di navi di grosse dimensioni, lunghe anche 150 metri.
Nella Darsena oggi l’acqua è talmente bassa che i pesci “siluro” quando passano in estate si abbronzano la schiena. Qualcuno dice che ci siano siluri anche lunghi due metri, ma si sa che le misure del pescatori vanno prese con una certa cautela. Ci sono anche anguille. I pescatori raccontano qualcosa di questi animali nostrani che sono diventati famosi grazie alla pubblicità indiretta, della quale avrebbero fatto anche a meno, proveniente dai ristoranti del basso ferrarese. Le anguille hanno la capacità non comune di poter vivere per un certo tempo fuori dall’acqua, e non solo, sono capaci di vivere sia in acqua dolce che in acqua salata. Se sapranno dimostrarsi capaci di sopravvivere anche in acqua fetida meriteranno una patente invidiabile di adattabilità.
Per coloro che apprezzano le anguille (le più grosse sono dette capitoni) come specialità gastronomica delle coste ferraresi, e vengono anche da lontano fino a Comacchio per assaggiarle, non sanno magari da quanto lontano vengono le anguille per farsi apprezzare dal loro palato o lo sanno ma si concedono un’assoluzione all’idea che siano anguille di allevamento. Resta il fatto che l’anguilla è un animale straordinario, più facile da degustare che da comprendere. L’anguilla nasce da minuscole uova nel mar dei Sargassi (tra le Bermuda e Portorico). Non siamo in grado di stabilire se sia un pesce d’acqua dolce o salata. I prime tre anni di vita l’anguilla li trascorre nell’oceano spostandosi verso nord est, guidata dalla corrente del golfo. Superano Gibilterra e cambiano aspetto diventando minuscoli serpentelli bianchi. In marzo si ammassano alle foci dei fiumi e cominciano a risalirli. Cominciano a diventare grandi e scure come le conosciamo. Ma la cosa incredibile è che ora sono in grado di vivere in acqua dolce. Possono vivere dai dodici ai vent’anni, ma non dentro il nostro apparato digerente, benché non siano di facile digestione. Nella fase finale della loro vita avviene un’altra metamorfosi. Smettono di mangiare, il loro intestino si atrofizza, finchè riprendono la strada del mare e si dirigono verso il mar dei Sargassi dove deporranno le uova. Lo raggiungono guidate da un istinto millenario. Risalgono i fiumi, escono da questi muovendosi via terra, via mare, guidati da una bussola naturale che è uno dei tanti prodigi della natura. Non hanno bisogno di lanciare in cielo dei satelliti per farsi indicare la strada. Ce l’hanno dentro di loro la strada.
Quando il progetto idrovia nel Po di Volano sarà realizzato, se sarà realizzato, forse le anguille dovranno cambiare strada; anche i siluri dovranno sloggiare per fare posto a questi colossi commerciali. Certo questo tratto di fiume dovrà diventare molto più fondo e quindi ci sarà lavoro per un bel po’ di ruspe e così via. Le anguille prenderanno la via del mar dei Sargassi lungo la superstrada Ferrara – mare.. auguri.
Il problema dell’asportazione della rena per rendere navigabile il fiume non è secondario. Non basta gettarla da qualche parte, infatti è talmente inquinata, come hanno rivelato le analisi che occorre smaltirla come rifiuto speciale pericoloso. Insomma per pulire da una parte occorre sporcare da un’altra. E’ la legge fondamentale delle pulizie, detto anche dai professoroni “secondo principio della termodinamica”. Non si può disinquinare, si può solo rallentare il nostro inquinamento che esiste per il solo fatto che noi esistiamo. Basta l’alito naturalmente per inquinare l’atmosfera, ma mentre il nostro alito è ancora sostenibile dal sistema il resto non più. Chi ha lavorato per dragare fiumi racconta come avviene l’eliminazione dei rifiuti speciali rimossi dai fondali. Siccome il fondale dei fiumi o dei laghi è fanghiglia, e gocciola, occorre essiccarlo, se no si perde per strada. Per essiccarlo esistono delle macchine apposite che lo trasformano in una sfoglia secca. A quel punto si può portare via la sfoglia verso la destinazione prestabilita. Ci sono costi pazzeschi. C’è un industria che è nata sul trattamento dell’inquinamento. Gente che lavora, macchinari speciali che vengono prodotti. Mi viene da pensare che non siamo più nella fase dell’industria che inquina, ma siamo entrati in quella dell’inquinamento che diventa un’industria. Del resto fa aumentare il prodotto interno lordo, cosa che in genere è sufficiente a mettere di buon umore molti economisti. C’è anche un’altra soluzione che talora viene preferita in quanto più economica. Si chiama una ditta che orbita in atmosfere malavitose e la si paga per portare il rifiuto speciale clandestinamente in paesi più tolleranti. Così scarichiamo il secchio di fanghi nel mar dei Sargassi e buona notte al secchio.
Per la gioia delle anguille nostrane che giunte nel mar dei Sargassi ritroveranno l’aria, anzi l’acqua di casa.


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