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Capo Frasca, cronaca di un rogo annunciato

Creato il 06 settembre 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

L’incendio che ha bruciato 25 ettari di territorio a Capo Frasca è soltanto l’ultimo di una serie di roghi scoppiati durante le esercitazioni che i militari di tutte le nazionalità svolgono ogni anno nei poligoni sardi anche nel periodo estivo.  E’ però inconcepibile, parafrasando la tiepida reazione del presidente della Regione Francesco Pigliaru a quanto accaduto nel poligono di Capo Frasca, che l’annoso problema delle abnormi servitù militari che gravano la Sardegna, ancor più allarmante in un periodo in cui dal resto del mondo soffiano inquietanti venti di guerra, debba essere risolto semplicemente con la sospensione delle esercitazioni nel periodo estivo (giugno-settembre).

«L’argomento portante è la presenza estiva di turisti – evidenzia l’associazione pacifista Gettiamo Le Basi, ricordando i tre gravi incendi avvenuti nell’estate e in particolare nell’ultima settimana dell’agosto 2000 nei poligoni di Capo Teulada e Salto di Quirra, anche quella volta durante il periodo di blocco delle esercitazioni come avvenuto a Capo Frasca – . Parrebbe quindi che negli altri mesi dell’anno sia accettabile il rischio che il territorio vada in fiamme e gli indios sardi siano arrostiti».

Secondo l’associazione coordinata da Mariella Cao, la ricorrenza dei roghi provocati dalle attività militari di routine e dalle mancate bonifiche dimostra che la misura invocata “inconcepibilmente” dalla Regione, ormai assolutamente incapace di contrastare i disegni del ministero della Difesa, è miseramente insufficiente: un placebo che poco o nulla incide su rischi e danni determinati  dalla pervasiva presenza militare.

Capo FrascaIn occasione del rogo di Capo Frasca, l’associazione pacifista ribadisce ancora una volta che l’obiettivo dell’azione della Regione sarda dovrebbe essere quello dell’eliminazione delle cause di danni e rischi per tutti, in primo luogo per le popolazioni che vivono in quei territori. Obiettivo evidentemente non perseguito, come dimostra quanto avvenuto in passato all’interno del poligono interforze di Quirra.

Capo Frasca: i precedenti del 2000

Nel comunicato del comitato Gettiamo Le Basi relativo agli incendi scoppiati del 2000 si sottolineava che la terra bruciata, interdetta per legge all’edificazione, al pascolo e alla caccia, dovrebbe analogamente essere interdetta anche ai giochi di guerra.

Già 14 anni fa l’associazione pacifista cercava di spingere l’opinione pubblica a discutere sul contributo decisivo delle Forze Armate alla devastazione del territorio sardo e sulla condotta del Governo che, in tutta la storia autonomistica della Sardegna, ha sempre concentrato nella nostra regione, storicamente carente d’acqua e a rischio di roghi, strutture belliche ed esercitazioni a serio rischio d’incendio.

In Sardegna un incendio può scoppiare ovunque, a maggior ragione dove degli aerei autorizzati dalla Difesa lanciano proiettili veri (che evidentemente non sono inerti) ma la gestione dell’incidente di Capo Frasca dimostra che in 14 anni, al di là di qualche manifestazione di protesta e qualche articolo sui giornali locali, non è cambiato assolutamente nulla in termini di sicurezza. Può scoppiare il finimondo ma la Sardegna continua ad eseguire soltanto gli ordini dall’alto.

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2 settembre 2000

Comitato sardo Gettiamo le Basi

INCENDI IN GRIGIO-VERDE

31 Agosto 2000 “Fiamme anche a CapoTeulada”; 27 agosto, incendio all’interno della base militare di Perdasdefogu; 23 agosto, “Perdasdefogu, fiamme nel poligono”; 8 agosto Cagliari, fiamme alla Sella del Diavolo accanto al deposito di carburante Nato; 8,14,15 luglio Abbasanta: “Il rogo dell’Esercito. L’incendio di Tanca Regia provocato da Forza Paris”.

Uno sguardo saltuario al “bollettino incendi” sulla stampa locale rivela il massiccio e sinistro concorso delle Forze Armate nel mandare in fiamme l’isola.

Il rapporto causa-effetto tra attività militari e incendi è stato riscontrato più volte anche da organismi istituzionali e ha motivato l’opposizione di tutte le Regioni ad “ospitare” esercitazioni a fuoco e poligoni nel proprio territorio.

Nell’arida e assetata Sardegna è concentrato il 60% percento delle installazioni militari presenti in Italia, quelle a più intenso utilizzo, adibite alle attività più a rischio e più devastanti. Il pericolo d’incendio, connesso alle esercitazioni a fuoco ed alla “normale” vita di un poligono, è acuito dalle condizioni climatiche ed è potenziato dall’incuria e degrado in cui versano le vaste zone militari. Inquietano le prevedibili ripercussioni catastrofiche. Un esempio lo offre, in pieno centro di Cagliari, il desertificato versante militare di M.Urpinu dove la Marina gestisce un’area priva di sistemi di prevenzione, preda di erbacce e roghi ricorrenti (l’ultimo è del giugno scorso) e l’Aeronautica adibisce l’area confinante, ugualmente invasa da stoppie, ad enorme serbatoio di combustibili, da sempre pericoloso e dal 1995 illegalmente operativo in violazione anche dei parametri di sicurezza antincendio.

Cagliari non saprà mai quali sostanze sono state inalate il 18 e 19 settembre ’98 quando un immane rogo mandò in fumo i rifiuti nocivi e pericolosi, abusivamente e sconsideratamente accumulati dalla Marina Militare nella sua pertinenza di Su Siccu, a ridosso di due depositi di carburanti.

Per la maggior parte degli incendi partiti dall’interno delle controllatissime basi militari, protette da vigilanza armata, non si ha notizia se siano stati individuati i piromani in divisa né, tanto meno, siano indagati gli alti gradi, quelli che impartiscono ordini e disposizioni, i responsabili istituzionali delle truppe e delle aree loro affidate. Per il rogo provocato nel corso dell’operazione Forza Paris, in osservanza del classico teorema che le colpe ricadono sempre sull’ultima ruota del carro e i meriti sono prerogativa dei capi, è incriminato un qualche soldato?

 La terra bruciata è interdetta per legge all’edificazione, al pascolo, alla caccia. Le Forze Armate devono sottostare ad analoghi divieti.
La terra bruciata deve essere sottratta all’uso militare, interdetta ai devastanti giochi di guerra. 

E’ improrogabile un’attenta valutazione e un dibattito su: il nefasto contributo delle Forze Armate alla devastazione della Sardegna; le inique e dissennate scelte governative che, da 50 anni, concentrano nell’isola senza acqua impianti e attività di guerra a serio rischio d’incendio.

  Altri incendi in grigio-verde.

         L’Unione Sarda: 6-7-99 Teulada “Leopard contro il fuoco”;

   19,20-9-98 “Inferno di fuoco a su Siccu”;

   19-7-98 Cagliari “Il fuoco devasta ancora M.Urpinu”.

                           La Nuova Sardegna: 30-6-99 Cagliari “Il fuoco minaccia i depositi di benzina”;

   8-6-99 Teulada “Rogo nel poligono”; 11-7-99 Serrenti “A fuoco la pineta dell’Aeronautica”;

              27-7-98 “..le fiamme devastano la zona circostante le caserme del poligono di Perdasdefogu.


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