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CAPODANNO:leggende , racconti e fiabe

Creato il 15 dicembre 2015 da Maria1
L’aeroplano di Capodanno

Comandante, un aeroplano sconosciuto chiede di atterrare.
Un aeroplano sconosciuto? E come è arrivato fin qui? Non so, comandante.
Noi non abbiamo avuto alcuna comunicazione.
Dice che sta per finire il carburante e che atterrerà anche se non glielo permettiamo.
Uno strano personaggio, comandante.
Strano?
Un po’ pazzo, direi. Un momento fa lo sentivo ridacchiare nella radio: « Tanto, nessuno mi può fermare… ».
Ad ogni modo facciamolo scendere, prima che combini qualche guaio.
L’apparecchio atterrò sul piccolo campo d’aviazione, alla periferia della capitale, alle ventitré e ventisette precise. Mancavano trentatré minuti alla mezzanotte.
Già, ma non a una mezzanotte qualunque, bensi alla mezzanotte più importante dell’anno.
Era la sera del 31 dicembre e in tutto il mondo milioni di persone vegliavano in attesa dell’anno nuovo.
L’aviatore sconosciuto balzò a terra agilmente e subito cominciò a dare ordini: Scaricate i miei bauli. Sono dodici, fate attenzione.
Mi occorreranno tre tassi per trasportarli.
Qualcuno può fare una telefonata per me?
Forse si e forse no – rispose per tutti il comandante del campo. – Prima si dovranno chiarire alcune cosette, non le pare?
Non ne vedo la necessità – disse l’aviatore, sorridendo. lo però la vedo – ribatté il comandante.
La prego, intanto, di mostrarmi i suoi documenti personali e le carte di bordo.
Mi dispiace ma non farò niente del genere.
Il suo tono era cosi deciso che il comandante fu li li per perdere la calma.
Come vuole – disse poi, – ma intanto abbia la cortesia di seguirmi.
L’aviatore si inchinò. Al comandante parve che l’inchino fosse piuttosto esagerato. «Che voglia prendermi in giro? » pensò. «Ad ogni buon conto, dal mio aeroporto non uscirà con quelle arie da padrone
del vapor ».
Guardi – diceva intanto il misterioso viaggiatore – che sono atteso. Molto, molto atteso.
Per la festa di mezzanotte, immagino?
Appunto, comandante carissimo.
lo invece, come vede, sono di servizio e passerò la notte di Capodanno all’aeroporto. Se lei insisterà
a non volermi mostrare i documenti, mi terra compagnia.
Lo sconosciuto (erano intanto entrati insieme in una saletta del campo) si accomodò in una poltrona,
si accese la pipa e rivolgeva intorno occhiate curiose e divertite.
I miei, documenti? Ma lei ne è già in possesso, comandante.
Davvero? Me li ha infilati in tasca con un giochetto di prestigio?
E adesso mi cavera un uovo dal naso e un orologio da un orecchio?
Per tutta risposta lo sconosciuto indicò il calendario dell’anno nuovo, che pendeva dalla parete dietro una scrivania, aperto alla prima pagina.
Ecco i miei documenti, prego. Sono il Tempo.
Nei miei dodici bauli ci sono i dodici mesi che dovrebbero avere inizio tra… vediamo un po’… tra venti nove minuti precisi.
Il comandante non si scompose.
Se lei è il Tempo – disse – io sono un aviogetto. Vedo che le va di scherzare. Benissimo, mi terrà allegro.
Le dispiace se accendo il televisore?
Non vorrei perdermi l’annuncio della mezzanotte.
Accenda, accenda. Ma non ci sarà nessun annuncio, fin che lei mi trattiene.
Sul teleschermo era in corso uno spettacolo di canzoni e arte varia.
Di quando in quando una graziosa presentatrice consultava un grande orologio appeso dietro l’orchestra, proprio sulla testa del batterista, e annunciava: – Mancano venticinque minuti all’anno nuovo… Mancano ventidue minuti..
L’aviatore sconosciuto pareva divertirsi un mondo allo spettacolo. Canterellava, batteva il piede a
tempo con l’orchestra, rideva di cuore alle battute dei comici…
Un minuto a mezzanotte – sorrise il comandante, – mi dispiace di non poterle offrire lo spumante.
In servizio io non bevo mai.
Grazie, ma lo spumante non serve.
Da questo momento il tempo cesserà di scorrere. Dia un’occhiata al suo orologio.
Il comandante obbedi meccanicamente.
Guardò il quadrante, si accostò il polso all’orecchio. « Strano », pensò, « l’orologio cammina, ma la sfera dei secondi si è guastata e non gira piu ».
Egli cominciò mentalmente a contare i secondi.
Ne contò sessanta, poi tornò a guardare l’orologio: le sfere erano sempre ferme sulla mezzanotte meno
un minuto. Anche sul grande orologio del teleschermo le sfere erano immobili.
L’annunciatrice, con un sorriso un po’ imbarazzato, stava dicendo: Sembra che ci sia un piccolo guasto…
Musicisti, cantanti, comici, spettatori, come per un segnale, cominciarono a scrutare i loro orologi, a
scuoterli, ad accostarseli all’orecchio, con aria sorpresa. In breve tutti si convinsero che le sfere non si muovevano piu.
Il tempo si è fermato – gridò qualcuno, scherzando. – Forse ha bevuto troppo spumante e si è addormentato prima della mezzanotte.
Il comandante dell’aeroporto gettò uno sguardo allarmato sullo strano forestiero, il quale, dal canto suo, gli sorrise educatamente.
Ha visto? Colpa sua. Come sarebbe… colpa mia… – balbettò il comandante.
Non è ancora convinto che io sia il Tempo?
Guardi quella rosa (ce n’era una, sulla scrivania, freschissima: al comandante piaceva tenere qualche fiore in ufficio).
Vuoi vedere che cosa le succede, se la tocco?
Lo sconosciuto si avvicinò alla scrivania, soffiò delicatamente sulla rosa: i petali caddero tutti insieme, avvizziti, secchi, si sbriciolarono, non furono più che un mucchietto di polvere…
Il comandante balzò in piedi e si attaccò al telefono…
Pochi minuti dopo la telefonata del comandante al ministro, gia tutti sapevano, in America come a Singapore, in Tanzania come a Novosibirsk, che il Tempo era stato fermato in un piccolo aeroporto,
perché privo di documenti. Milioni di persone che aspettavano la mezzanotte per stappare lo spumante
ruppero il collo alle bottiglie, per far prima, e si scambiarono brindisi entusiastici.
Cortei festosi percorrevano le strade di Milano, Parigi, Ginevra, Varsavia, Londra, Eccetera: scrivendo Eccetera con la maiuscola vogliamo indicare tutte le cltta che non ci sarebbe possibile nominare una per una. Evviva! – gridava la gente, in tutte le lingue.
Il tempo si è fermato! Non invecchieremo più!
Non moriremo più!
Il comandante dell’aeroporto passava il tempo al telefono. Lo chiamavano da ogni parte del mondo per dirgli:
Lo tenga stretto!
Gli metta le manette!
Gli tiri il collo!
Gli metta un sonnifero nel bicchiere!
Macché sonnifero: veleno per i topi, ci deve mettere!
Il ministro aveva avvertito i suoi colleghi. Una riunione del Consiglio dei ministri era in corso.
L’ordine del giorno: «Misure da prendere. Bisogna tramutare il fermo del Tempo in arresto o liberarlo? ».
Il ministro dell’Interno tuonava: – Liberarlo?
Mai non sia! Se cominciamo a lasciar andare in giro la gente senza documenti, siamo fritti in padella.
Questo signore ci deve dire nome, cognome, paternità, luogo di nascita, domicilio, residenza, cittadinanza, nazionalità, numero del passaporto, numero delle scarpe, numero del cappello; ci deve mostrare il certificato di vaccinazione, quello di buona condotta, il diploma di quinta elementare, la ricevuta delle tasse.
E poi, ha ben dodici bauli: ha pagato dogana?
Si rifiuta di aprirli: e se ci avesse dentro delle bombe?
Il ministro aveva settantadue anni: capirete che aveva ogni interesse a tener fermo l’orologio…
I ministri decisero di chiedere il parere delle Nazioni Unite.
Alle Nazioni Unite, a quell’ora, c’era soltanto il portiere: tutti i delegati erano in giro a far festa.
Quanto ci vorrà per riunire l’assemblea?
Una quindicina di giorni. Però, se il tempo non passa, non passano neanche i quindici giorni e l’assemblea non si può riunire.
Anche questa notizia fece il giro del mondo, contribuendo ad accrescere l’allegria generale.
Dopo un po’…
Ecco, veramente questa frase non si potrebbe scrivere: se il tempo era fermo, la parola « dopo » non aveva più senso.
Diciamo che un bambino, svegliato dal fracasso e messo al corrente dell’accaduto, sommò due più due e cominciò a protestare: – Cosa? Sarà sempre adesso? Allora io non diventerò più grande?
Devo prendere per tutta la vita gli scapaccioni del babbo?
Devo continuare a risolvere problemi di pizzicagnoli che comprano l’olio e si fanno calcolare dai bambini delle scuole la spesa e il ricavo?
Ah, no, grazie tante! lo non accetto.
Anche lui si attaccò al telefono, per dare l’allarme ai suoi amici.
I bambini non vollero sentir parole.
Si infilarono il cappotto sul pigiama e scesero anche loro per le strade a fare il corteo.
Ma le loro grida e i loro cartelli erano ben diversi da quelli degli altri cortei:
Liberate il Tempo! – dicevano.
Non vogliamo restare sempre dei marmocchi!
Vogliamo crescere! .
lo voglio diventare ingegnere!
lo voglio che venga l’estate per andare al mare!
Incoscienti – commentava un passante, in un momento storico come questo pensano ai bagni di mare.
Però – rifletté un altro passante, – su un punto almeno hanno ragione: se il tempo non passa più, sarà sempre il trentun dicembre…
Sarà sempre inverno…
Sarà sempre mezzanotte meno un minuto!
Non vedremo più spuntare il sole!
Mio marito è in viaggio – sospirò una signora, – come farà a torna e a casa, se il tempo non passa?
Un malato nel suo letto si lamentava: – Ahi, ahi! doveva fermar  il tempo proprio mentre avevo il mal di testa?..
Un carcerato, aggrappato alle sbarre della sua prigione, si domandava accorato: – Non riavrò mai più la mia liberta?
I contadini borbottavano: – Qua, col raccolto, si mette male… Se non passa il tempo, se non torna la primavera, gelerà tutto… Non avremo niente da mangiare.
Insomma, il comandante dell’aeroporto cominciò a ricevere telefonate allarmate:
Be’, lo lasciate andare, si o no? lo aspetto un vaglia, me lo manda lei, se il tempo non può passare?
Comandante, per favore, liberi il Tempo: abbiamo un rubinetto che perde, e se non viene domattina non possiamo chiamare l’idraulico.
Il Tempo, allungato nella sua poltrona, continuava a fumare la sua pipa, sorridendo.
Cosa devo fare? – protestava il comandante.
Uno la vuole bianca, l’altro la vuole nera… lo me ne lavo le mani. lo la lascio andar via…
Bravo, grazie.
Ma cosi… senza ordini superiori… Capisce che ci rimetto il posto?
E allora mi tenga qui. lo ci sto benissimo.
Un’altra telefonata:
È scoppiato un incendio! Se non passa il tempo non arrivano i pompieri! Brucerà tutto!
Bruceremo tutti! Abbiamo in casa vecchi e bambini… Non può far niente, comandante?
Il comandante, a questo punto, picchiò un pugno sulla scrivania.
Bene, succeda quel che vuoI succedere. Mi prenderò questa responsabilità. Se ne vada, lei è libero.
Il Tempo balzò in piedi: – Permetta che le stringa la mano, comandante.
Conoscerla è stato un vero piacere.
Il comandante gli aperse la porta: -Se ne vada, presto, prima che io cambi idea!
Il Tempo usci dalla porta.
Le sfere degli orologi ricominciarono a muoversi.
Sessanta secondi più tardi scoccò la mezzanotte, scoppiarono i fuochi artificiali.
Il nuovo anno era cominciato.

di Gianni Rodari

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La leggenda di Capodanno

Nelle valli del Comasco usavano, una volta, la notte di capodanno, appendere alla porta dei casolari un bastone, un sacco ed un tozzo di pane.
Eccone il perché.
Molti anni fa, al tempo dei tempi, e precisamente la notte di San Silvestro, padron Tobia stava contando il proprio gruzzolo in un angolo della sua capanna, quando fu battuto alla porta.
L’avaro coprì con un drappo i suoi ducati ed andò ad aprire Una folata d’aria gelata ,
di neve lo colpì in viso.
Era ung notte d’Inverno.
Sotto la tormenta, fra il nevischio, egli vide un pover’uomo che si reggeva a stento e che non aveva neppure un cencio di mantello.
Padron Tobia fu molto contrariato da quella vista e domandò bruscamente allo sconosciuto:
Che fate qui? Che volete? Chi siete?
Sono un povero viandante sperduto e sorpreso dalla bufera, e vi chiedo in carità di poter dormire nel vostro fienile.
Io non lascio dormire nessuno nel mio fienile. Andate, andate: non posso far nulla per voi!
Datem,i almeno un tozzo di pane!
Non ho pane; andate!
Datemi un sacco, un cencio da mettermi al collo chè muoio di freddo!
Non ho sacchi e non ho cenci!
Almeno un bastone per appoggiarmi…
Non ho bastoni!
E chiuso l’uscio in faccia all’infelice, ritornò al suo gruzzolo; ma sotto il drappo, invece di ducati; trovò un pugno di foglie secche.
Padron Tobia impazzì e terminò i suoi giorni vagando perle vallate natie e raccontando a tutti la sua disgrazia; ma, d’allora in poi, la notte di capodanno tutti appesero alla porta del proprio casolare un bastone, un sacco, un tozzo di pane.

di Otto Cima

Fonte

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Anno Vecchio e Anno Nuovo

E’ la notte di San Silvestro e un vecchietto con la testa canuta ed il passo stanco sembra impaziente.

Guarda continuamente l’orologio e borbotta: – Quando arriva? Speriamo che non mi faccia aspettare troppo, perché qui fa freddo e… poi io sono tanto stanco!

Chi è questo vecchietto è facile immaginare. E’ l’ Anno Vecchio che aspetta l’arrivo del Nuovo Anno. Egli è pronto a passargli le consegne, desideroso di andare a riposare. Visto che il giovane Anno non si vede ancora egli si siede su una panchina di un parco, si stringe di più nel cappotto per ripararsi dal freddo pungente e cerca di passare il tempo, ricordando tutto ciò che ha fatto in questi ultimi dodici mesi, quando lui è stato il padrone del mondo. Deve convenire che egli ha fatto tante cose buone per gli uomini. Li ha resi felici e spensierati durante la festa di Carnevale e le altre festività.

E’ pure vero che tante volte non è stato capace di risolvere determinate situazioni, rendendo scontenti gli uomini, ma, in verità ,la colpa non è stata solo sua. Quando la pioggia è scesa giù dal cielo a catenelle per più giorni e ha provocato frane, distruggendo alcune case e lasciando qualcuno senza un tetto sulla testa tutti hanno ritenuto lui colpevole e responsabile. La stessa cosa è successa quando non è riuscito a calmare gli animi di alcuni uomini e sono scoppiate guerre in varie parti del mondo. Egli pur desiderando di scacciare la fame dal mondo non c’è riuscito completamente,perché ancora oggi ci sono tanti bambini che, non avendo nulla da mangiare, muoiono di fame.

L’Anno vecchio voleva tanto prendere i malviventi e i ladri per rendere il mondo pulito e bello, ma da solo è stata un’impresa impossibile. Egli è convinto che in molte situazioni se non c’è la collaborazione degli uomini nulla si può ottenere. Gli uomini sono bravissimi a scaricare le loro colpe sugli altri, specialmente su questo povero vecchio. Il poveretto ha cercato sempre di fare del suo meglio, ma per gli altri non è stato mai abbastanza. E’ stato più volte deriso, condannato, incolpato anche di cose non fatte. I suoi occhi spesso si sono velati di lacrime per l’ingratitudine umana. Molti gli hanno rivolto lodi, altri lo hanno maledetto. Ad un tratto,vedendo un’ombra avvicinarsi, interrompe il corso dei suoi pensieri e dei suoi ricordi ed esclama.

-Eccolo eccolo, Finalmente sta arrivando. Rivolgendosi al Nuovo venuto continua:

-Ti sei fatto attendere e…e…e…mio bel giovane.

Quello risponde:- Nonnino non avere fretta! Tu vuoi bruciare le tappe. Io non potevo certamente venire prima del tempo. I tuoi giorni dovevano terminare oggi a mezzanotte e io sono arrivato, come vedi, puntuale. Guarda la gente come è felice per il mio arrivo. Tutti brindano,facendo tintinnare i loro calici.

Sottolinea il vecchietto:- Brindano, perché sperano che tu sia migliore di me. Che porti loro ogni bene e solo cose belle. Ti accorgerai presto, mio caro, come gli uomini sono bravi a voltarti le spalle se per una volta non esaudirai i loro desideri. Ti auguro con tutto il cuore: buona fortuna.

Addio, figliolo.

L’Anno Vecchio si alza dalla panchina e si avvia lentamente con un po’ di emozione e nostalgia.

Sente ancora gli ultimi bagordi che vanno man mano scemando, fino a scomparire.

L’Anno Nuovo,invece, è pimpante, pieno di vitalità e vorrebbe mettersi subito alla opera per risolvere tutte quelle questioni che l’ Anno Vecchio ha lasciato in sospeso. Egli si propone di portare a tutti gli uomini pace, felicità e lavoro. Chissà se ci riuscirà.

Quando il vecchietto è ormai lontano da lui, gli urla:- Nonnino, cosa farai da oggi in poi?

L’Anno Vecchio risponde:- Vado finalmente in pensione, a riposare.

Ogni anno a San Silvestro si ripete la stessa scena, l’Anno Vecchio se ne va con un gran magone e si fa avanti l’Anno Nuovo con nuove e allettanti promesse e ognuno in cuor suo spera che sia la volta buona perché tutto si avveri.

Da: nonnainfabula

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