Cappuccetto Rosso Sangue: Il Film
Titolo: Cappuccetto Rosso Sangue
Regia: Catherine Hardwicke
Sceneggiatura: David Johnson
Genere: Fantasy, per ragazzi
Durata: 98 minuti
Interpreti: Amanda Seyfried: Valerie
Shiloh Ferndandez: Peter
Max Irons: Henry
Gary Oldman: Padre Solomon
Billy Burke: Cesaire
Julie Christie: Nonna
Virginia Madsen: Suzette
Nelle sale italiane dal: 24 Aprile 2011
Voto:
L’aggettivo ideale: Commerciale
Trailer:
Trama: Valerie è una bella ragazza tormentata da una scelta d’amore. E’ innamorata di Peter, un vero e proprio outsider, ma i suoi genitori hanno già organizzato un matrimonio di interesse con il benestante Henry. Non volendo perdersi, Valerie e Peter hanno deciso di scappare via insieme ma all’improvviso la sorella maggiore di Valerie viene uccisa dal lupo mannaro che vaga per la foresta intorno alla cittadina. Da anni, infatti, la gente del posto mantiene una difficile alleanza con la bestia, offrendogli in pasto un sacrificio animale ad ogni luna piena. Ma sotto una grande luna rossa, il lupo mannaro ha deciso di fare un passo avanti e sacrificare una vita umana.
Recensione:
Recensione di TheLunaticGirl (S. Betti)
Se i fratelli Grimm avessero potuto vedere “Cappuccetto Rosso Sangue”, si starebbero certamente rivoltando nella tomba, chiedendosi quale nesso vi sia tra il film e la favola. Il legame fra questi due mondi, infatti, è piuttosto superficiale: la protagonista ha un mantello rosso, sua nonna vive nel bosco e, più per risaldare il nesso con la favola che per qualche reale motivazione, viene riportato in un sogno il celebre dialogo tra la “nonna-lupo” e la bambina.
“Nonna che occhi grandi che hai!
Per guardarti meglio bambina mia…
Nonna che orecchie grandi che hai!
Per sentirti meglio bambina mia..
Nonna ma che bocca grande che hai!
Per divorarti meglio!”
Cappuccetto Rosso Sangue è un perfetto esempio di “marketing”, di prodotto commerciale pensato a tavolino ed indirizzato ad un pubblico adolescenziale. In sé contiene tutti gli elementi necessari per sbancare al botteghino a partire dal tema che, con la presenza di licantropi, un triangolo amoroso e una (scarsa) tensione sessuale tra i protagonisti, riassume le ultime tendenze giovanili; agli attori, tra i quali figura anche un Edward Cullen mancato: Shiloh Fernandez, che interpreta il ruolo di Peter, era in lista per la parte del celebre vampiro di Twilight, assegnata poi a Robert Pattinson.
La decisione di creare un libro dal film è un ennesimo esempio del detto “il guadagno per il guadagno”, sebbene la versione scritta della pellicola è di gran lunga superiore al prodotto cinematografico.
Nonostante la sua relativa giovane età, la scrittrice, Sarah Blakley-Cartwright, riesce ad analizzare i personaggi dando maggiore spessore alla storia e ciò è possibile anche grazie al diverso incipit del libro rispetto al film. Il romanzo ci spiega che l’odio tra Peter e Henry non è solo dipeso dall’amore per la ragazza, ma ha radici ben profonde che lo rendono più comprensibile e meno banale. Inoltre, anche la storia d’amore tra il giovane falegname e Valerie assume una diversa prospettiva e diviene più struggente: i due sono stati separati per più di dieci anni, ma nonostante questo i loro sentimenti non sono cambiati.
La direzione del film, prodotto dalla casa cinematografica di Leonardo Di Caprio, spetta a Catherine Hardwicke. La regista probabilmente è stata scelta per la sua capacità di interagire con attori giovani e mischiare temi adolescenziali con toni cupi, ma la Hardwicke con “Cappuccetto Rosso Sangue” non raggiunge i livelli di “Thirteen” (già mancati nel primo capitolo della saga di “Twilight”).
Il film è in bilico: vuole essere un horror, ma non in maniera eccessiva; è fantasy, ma l’unico personaggio sovrannaturale è un licantropo; ci mostra un possibile triangolo amoroso, ma sin da subito i sentimenti di Valerie propendono per un solo uomo, eliminando ogni tipo di pathos; vuole creare tensione e spingere gli spettatori a chiedersi “chi sarà mai il lupo?”, ma non vi è una vera e propria trama investigativa. “Compiacere” sembra essere la parola chiave della produzione. Osare, ma con moderazione, per riuscire ad attirare quante più fasce di pubblico possibili.
Il ritmo torbido che si genera da metà film è solo apparente: non è sostenuto da una vera e propria storia narrativa forte, ma è lasciato alle scelte musicali della colonna sonora e a qualche inquadratura con camera a mano.
Ibridi sono anche i personaggi, in particolare Padre Solomon (Gary Oldman) che ci viene presentato come un Van Helsing, ma con i caratteri tipici dell’inquisitore, sostituendo la caccia alle streghe con quella dei licantropi. In ogni caso, quello di Oldman è il ruolo che riesce a conferire al film un’atmosfera più buia.
Osando di più, il film avrebbe potuto essere più interessante, magari prendendo maggiore spunto dalla versione di Charles Perrault della fiaba, mischiando maggiormente la tensione sessuale con il tema horror-fantasy di fondo.