Dopo un film introduttivo (Captain America-Il primo vendicatore, Joe Johnston, 2011), volto ad illustrare genesi, evoluzione, morte e resurrezione del prode Cap, seguito da una riuscita reunion superomistica (The Avengers, Joss Whedon, 2012), il supereroe patriottico per antonomasia (nato nel 1941 ad opera di Joe Simon e Jack Kirby, per i tipi della Timely Comics, poi Marvel) ritorna al cinema per una nuova avventura, Captain America-The Winter Soldier, mantenendo, con l’esclusione di Whedon, gli stessi sceneggiatori del citato episodio pilota (Stephen McFeely e Christopher Markus, che si sono basati sul fumetto opera di Ed Brubaker, testi, e Steve Epting, disegni) ed affidando la regia ai fratelli Russo, Anthony e Joe.
La felice combinazione fra intuizioni di scrittura ed abilità registica fa sì che nella resa scenica si riesca a coniugare, con una certa efficacia, spettacolarità e realismo oltre a rendere avvertibile, avvolto in un clima da spy story anni’70, un pathos dal graduale bilanciamento, capace di sfruttare classicamente i tre tempi chiave. Ecco quindi una sorta di prologo introduttivo volto ad illustrare la situazione che man mano dovrà essere affrontata, cui fa seguito una forte tensione drammatica, scaturente da ben congegnate rivelazioni e soppesati colpi di scena, idonea a dar fuoco alle polveri sino a giungere all’epica risoluzione finale, per quanto non propriamente definitiva.
Chris Evans e Scarlett Johansson (movieplayer)
Intelligentemente lo script non si sofferma sulle già affrontate origini di Cap/Steve Rogers (Chris Evans), lasciando comprendere come le vicende narrate si svolgano due anni dopo gli eventi di New York narrati in The Avengers: il nostro eroe, sempre alle prese col logorio della vita (e della politica) moderna, è ormai integrato, con a fianco Natasha Romanoff/ Vedova Nera (Scarlett Johansson), in qualità di agente a tempo pieno nella struttura dello S.H.I.E.L.D. che vede a capo Nick Fury (Samuel L. Jackson), a sua volta dipendente dal segretario Alexander Pierce (Robert Redford). Certo, fatica a comprenderne le ragioni motivazionali, basate su uno schema preventivo (“gestiamo il mondo così com’è, non come vorremmo che fosse”) e presto scoprirà come la suddetta organizzazione nasconda al suo interno inquietanti segreti, sui quali si è d’altra parte retto il delicato equilibrio politico delle varie nazioni nel corso del secolo scorso, ponendo le basi per il futuro. In particolare, una volta che Fury soccomberà in un attentato, Rogers, messo sotto accusa da Pierce, apprenderà come dietro una complessa macchinazione vi sia una minaccia proveniente dal suo passato, un misterioso individuo conosciuto come Il Soldato d’ Inverno …
Evans e Samuel L. Jackson (movieplayer)
La sceneggiatura ben congegnata si rivela idonea a mettere in risalto l’adattamento di Cap (interpretato con discreta efficacia da Evans, quasi del tutto scongelato …) ai tempi attuali, il quale comporta un tormento interiore scaturente dal confronto fra il patriottismo vecchio stampo che gli è proprio, dalla matrice fortemente idealista, ammantato da una certa retorica, ed i vari compromessi messi in atto da chi ha sempre avuto in mano il potere e farà di tutto per continuare ad esercitarlo, in una girandola di delicati equilibri.
Una pianificazione programmatica volta al mantenimento dello status quo, mascherato quest’ultimo ora da distensione ora da conflitto, a seconda delle varie convenienze, esercitando un capillare controllo su tutto e tutti, individuando nel dissenso, nella non conformità a seguire una linea già tracciata, il principale nemico da abbattere. Captain America- The Winter Soldier, come già scritto, gioca le sue carte migliori sfruttando un’impostazione classica, idonea ad offrire una cadenza pressoché perfetta nell’inserimento di ogni elemento valido a costituire un’inedita virata nel racconto (come l’entrata in scena di Sam Wilson, Anthony Mackie, nelle vesti di Falcon, dopo averlo introdotto come un dimesso reduce di guerra).
Robert Redford ed Evans (movieplayer)
Rimarchevoli le sequenze d’azione, studiate al millimetro nella loro resa scenica, al contempo veristica e spettacolare (l’adrenalinica sequenza dell’attentato a Fury, un Samuel L. Jackson sempre più luciferino), girate ricorrendo alla macchina a mano, con un impiego strettamente funzionale della CGI, così da offrire al contempo una resa visiva “pulita” e ad alto potenziale drammaturgico. Valide anche le prove interpretative (splendida Scarlett Johansson, aggressiva ed ironica, con più di una nota dolente espressa nei ricordi del proprio passato; la “sorpresa” Redford, quanto mai valido nel portare in scena l’affabilità dell’ambiguità). In conclusione, una pellicola che intrattiene piacevolmente, non facendo (quasi) avvertire le due ore o poco più di durata; anche il finale dopo i titoli di coda, preludio al prossimo capitolo dei Vendicatori, non appare come in altri comic movie uno smaccato cliffhanger, per quanto sempre inquadrabile nell’ottica di una studiata e programmatica serialità.
A mio avviso uno dei migliori film di supereroi girati in questi ultimi anni, non solo all’interno della Marvel, felice connubio fra le atmosfere cupe, inquietanti ed opprimenti, da buon noir, del Batman nolaniano e quelle morbidamente fumettose dello Spidey di Raimi, tenute insieme da una fascinosa aura “vecchio stile”, capace di coniugare intrattenimento, senso del reale (con più di un riferimento all’attualità), ed autorialità.