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Cara Google, per le macchine ci vuole sempre l’uomo

Creato il 30 maggio 2015 da Dfalcicchio

Robot

Le auto cammineranno da sole mentre gli aerei, che per lo più già lo fanno, aumenteranno il loro grado di indipendenza. Il nostro apporto durante la navigazione sarà nullo o quasi e servirà soltanto ad impostare la destinazione fino a quando la nostra agenda elettronica – presumiamo – non farà anche quello. Ed il tutto per ridurre al minimo il margine di errore. La tecnologia però non si ferma ai soli mezzi di trasporto, ma sta facendo passi da gigante in ogni ambito, partendo dalla medicina dove i robot già operano, fino al cosiddetto internet delle cose, la rete, cioè , che ci permetterà di gestire ogni aspetto della nostra vita. Se è vero che all’inizio gli automi avrebbero dovuto sostituire l’uomo in quei lavori poco qualificati che per la loro semplicità potevano delegarsi ad esseri non pensanti, oggi questa scienza sta preparando una nuova generazione di macchine che avranno l’ardire di sfidare l’uomo nel campo a lui più congeniale: il pensiero.

Dalle recenti dichiarazioni di un addetto ai lavori, difatti, Google starebbe lavorando ad un algoritmo in grado di elaborare un’intelligenza sul modello di quella umana. Lo studio sarebbe ancora ad una fase iniziale ma la suggestione ormai ha abbandonato il campo delle idee per approdare a quello della messa in opera.

Quanto visto nel film Her”, insomma, non sarebbe così lontano dal realizzarsi e si avvicina il giorno in cui si tornerà a casa per chattare “con” il computer e non “tramite” il computer; la differenza, linguisticamente parlando, sembra lieve; in effetti è una rivoluzione.

Ovvio come la cosa non manchi di destare sospetti e critiche, e non ci riferiamo soltanto al nuovo amico che la Google promette di rimediarci, ma vale per le auto senza guidatore – sempre la stessa Google sta facendo gli ultimi test – o per tutti quegli ambiti che la tecnologia minaccia di sottrarci (addirittura software applicabili al campo legale). Secondo alcuni staremmo subendo un vero e proprio attacco da parte delle macchine e il tutto con la nostra complicità. Il fatto di essere cresciuti a suon di Terminator e Robocop qualche conseguenza doveva pure averla lasciata.

Scherzi a parte è ovvio che il tutto qualche pensiero lo sollevi e non riguardo la possibile ribellione sul modello di Ultron in The Avengers 2, quanto piuttosto per le conseguenze che a causa di questo processo ricadono sull’uomo e sul proprio coinvolgimento. Un eccesso in tal senso – questo il punto – non rischia di provocare una preoccupante paralisi mentale nell’utilizzatore finale?

In un articolo molto interessante comparso sul NYT, ad esempio, si legge come non manchino dimostrazioni di quanto l’eccessiva fiducia riposta nella tecnologia abbia in alcuni casi prodotto il risultato contrario alle attese. Laddove la macchina sarebbe dovuta intervenire, sono venuti a galla i limiti di un “essere” non in grado di analizzare ed improvvisare. Un errore di programmazione o di previsione ovviamente da imputare al progettista, ma che mostra alcuni confini di questo passaggio di consegne. La Federal Aviation Administration, ad esempio, arrivò a concludere dopo uno studio, che alcuni incidenti si sarebbero potuti evitare se parte dei compiti di guida fossero tornati sotto la diretta responsabilità del pilota, piuttosto che del corrispettivo automatico. Questo, secondo l’ente, avrebbe coinvolto maggiormente l’uomo – eliminando le distrazioni e l’eventuale rilassamento – e rimesso al centro le sue capacità di improvvisazione e analisi in caso di eventi imprevisti. L’ammaraggio nell’Hudson River di qualche anno fa impressionò tanto sotto l’aspetto pratico, quanto per la calma con cui il pilota, ripresi i comandi, affrontò una situazione con molte variabili da considerare al momento. Esempio perfetto di sana collaborazione tra uomo e macchina, sulle orme di Ufo Robot che “è un miracolo di elettronica ma un cuore umano ha”. Dal passato c’è sempre da imparare.

Luca Arleo


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