Caravaggio: 4 luoghi comuni da sfatare
...e mettila da parte
Caravaggio è il pittore dell’antichità più amato ai giorni nostri, questo è ormai un dato di fatto assoluto. Oggi ha superato nei gusti della maggioranza delle persone persino Michelangelo Buonarroti, il pittore classico che ha sempre occupato il primo posto nel cuore degli appassionati d’arte e non solo.
E quando dico da sempre intendo proprio da sempre. Il lavoro del “Divino”, infatti, è stato ammirato e osannato dal ‘500 fino ai giorni nostri, senza alcuna pausa. Non che egli non abbia mai ricevuto alcuna critica, tutt’altro. Nel mondo dell’arte chiunque devii dalla strada conosciuta per presentare ed esprimersi con un nuovo linguaggio all’inizio andrà incontro alla diffidenza e alle critiche di detrattori che difenderanno a spada tratta il vecchio, semplicemente perché il nuovo ne abbatte le sicurezza e nell’arte, come nella vita, questo fa sempre un po’ paura.
Vuoi un esempio? I nudi del Giudizio Universale, giudicati scempi da molti, e la Pietà di San Pietro, opera giovanile dello scultore, criticata da alcuni in quanto la Madonna, madre del Cristo, è più giovane del figlio stesso.
Aspetto concettuale questo dell’opera di Michelangelo (perché l’arte è tutta concettuale, anche quella antica, ma questo è un altro discorso) in quanto secondo l’artista “La castità, la santità e l’incorruzione preservano la giovinezza”.Ma torniamo a Caravaggio. Egli a differenza del “Divino”, non è stato sempre amato. Dagli inizi del ‘600, quando riceve le sue prime grandi commissioni a Roma, la sua fama ha avuto una crescita esponenziale che ha dell’incredibile. Il suo nome è sulla bocca di tutti tanto che giungono alla Città Santa pittori da tutta Europa per vedere con i loro occhi la rivoluzione messa in atto da questo artista lombardo. E la sua fama, come i suoi epigoni, continuano a crescere per circa una trentennio dopo la sua morte.
Poi tutto a un tratto il suo nome scompare: dal 1670 circa, Caravaggio è completamente dimenticato. Cosa è successo? L’arte è legata indissolubilmente alla storia e in quel periodo la società stava cambiando. La Riforma prima e la Controriforma poi, modificano il modo di pensare la vita e la religione. La Chiesa ha bisogno di un’arte diversa, di un’arte che esalti la casa di Dio, che attiri i fedeli, non che li spaventi e che mostri loro i mali del mondo.
I quadri di Caravaggio invece presentano la povertà, la sofferenza, la malattia, la morte, la parte negativa della società, temi che l’arte aveva da sempre evitato. Al Merisi interessa il male della realtà, non quello dell’idea, non il male visto dal punto di vista allegorico. Lui guarda il mondo senza pregiudizi, senza nascondere l’ipocrisia, la finzione. Ma questo allora non andava bene e Caravaggio sparì dalla storia per quasi quattro secoli fino a quando Roberto Longhi nella prima metà del ‘900 lo riscoprì.
Vita di Caravaggio: mito e tanti luoghi comuni
Prima della riscoperta artistica di Caravaggio da parte del Longhi, il pittore lombardo era noto e studiato più per la sua vita maledetta che per la sua arte. Basti pensare che il primo libro sul Caravaggio moderno è intitolato “Un pittore criminale: il Caravaggio. Ricostruzione psicologica e la nova critica d’arte” (Mariano Luigi Patrizi). A dir la verità, anche dopo Longhi, la leggenda della vita di questo genio dell’arte ha sempre fatto molta presa sul grande pubblico ed è stata alimentata da film e libri troppo spesso romanzati. Ma non tutto quello che viene raccontato è poi così vero. Il professore Alessandro Barbero, in una puntata de “Il Tempo e la Storia” (lascio il link a fine articolo), ha messo da parte la lettura romantica della vita di Caravaggio e ha cercato di guardarla con l’occhio dello storico quale egli è, quindi leggendola come la vita di un uomo del ‘600. In questo modo ha sfatato subito almeno 4 luoghi comuni molto cari alla maggior parte dei fan di questo artista:
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Caravaggio non era un reietto né un rifiutato.
Oggi artisti come Damien Hirst o Jeff Koons sono accusati di usare l’arte per provocare, per far parlare di sé e
sappiamo benissimo che quando un artista fa scandalo e provoca polemiche vuol dire che è arrivato al massimo del successo. Chissà perché quando invece si parla di Caravaggio le cose cambiano. Si crede che quando gli alti prelati rifiutarono le tele a lui commissionate perché aveva utilizzato modelli presi dalla vita vera (come per esempio una prostituta per rappresentare la Madonna) egli sia diventato il classico genio maledetto e incompreso. Idea completamente falsa: anche all’epoca fare scandalo portava al successo un artista e Caravaggio non ha avuto nemmeno il tempo per disperarsi di alcun rifiuto perché i quadri non accettati dai committenti venivano immediatamente acquistati da qualcun altro. Anche ai tempi far parlare di sé era importante per il successo e la nobiltà romana faceva a gare per accaparrarsi le opere di questo artista tanto chiacchierato. Basta pensare che quando giunge a Roma le tele di questo giovane pittore valgono dai 5 agli 8 scudi. Con il tempo le sue quotazioni salgono velocemente a 150 scudi per superare nell’ultimo periodo della sua esistenza i 400 scudi (somma sufficiente a garantire per 6 anni un adeguato tenore di vita per una famiglia nobile). -
Caravaggio come artista era un genio, come assassino un dilettante.
Ricordi “I promessi sposi”? Certo che te lo ricordi, è uno dei libri più importanti della nostra letteratura,
sicuramente il più conosciuto, e, volenti o nolenti, tutti in un certo periodo della nostra vita abbiamo avuto a che fare con questo romanzo. Bene, questa storia è ambientata più o meno all’epoca di Caravaggio quindi possiamo fare qualche paragone. Se vi ricordate bene, personaggi come Don Rodrigo e i suoi protetti, potevano fare un po’ il bello e il cattivo tempo senza preoccuparsi poi più di tanto tanto delle conseguenze: girare armati, bere, fare a botte, minacciare, uccidere. All’epoca gli omicidi erano all’ordine del giorno quindi non dobbiamo stupirci quando sentiamo che Caravaggio ha ucciso un uomo: la gente del ‘600 aveva un rapporto diverso con la violenza rispetto a quello che abbiamo noi. L’idea del grande artista tormentato e maledetto con un piede nell’abisso e un altro in cielo è un’idea romantica, non della sua epoca. Ai tempi la prendevano in un altro modo. Nel ’600 c’era un forte senso dell’onore e per gente agiata che conosce Papi e cardinali, alzare il gomito, finire in qualche rissa, pugnalare avversari e poi farla franca a discapito dei poveracci è un fatto normalissimo e le cose rimarranno così per molti anni ancora. Celebre ed esemplificativa questa scena de “Il Marchese del Grillo” con Alberto Sordi:
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La condanna a morte pesava sulla testa del Caravaggio come un ma… nto di piume.
Caravaggio dopo l’omicidio fu condannato al bando capitale: chiunque poteva arrestarlo e mandare la sua testa a Roma per riscuotere la taglia. Una pena severissima, in apparenza… In pratica era solo una formalità scritta. La società del ‘600 era una società clientelare: Tizio proteggeva Caio, Caio proteggeva Sempronio e così via. Il bando capitale era una condanna in cui la giustizia faceva la voce grossa ma poi non voleva pestare i piedi a nessuno. È come se volesse dire: “Tu sparisci dalla circolazione per un po’ e poi vediamo se le cose si mettono a posto.” E subito si comincia a tramare, a vedere chi può metterci una buona parola, se pagando qualcosa si può avere uno sconto e così via (insomma la Roma di allora non era tanto diversa dalla Roma di oggi). Caravaggio col suo caratteraccio si è fatto tanti nemici, è vero, ma ha anche tanti amici potenti, disposti a tutto pur di aiutarlo.
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La vita di Caravaggio non è stata poi tutta un tormento.
Dopo la condanna Caravaggio scappa da Roma, trovando rifugio prima nel Principato di Paliano, poi a Napoli, Malta e poi di nuovo
Napoli. La maggior parte dei racconti ci descrive un uomo in fuga disperato e tormentato. Lasciamo da parte il filone romanzesco che piace tanto e cerchiamo di capire come ha davvero vissuto il Merisi in quei giorni. Caravaggio era ospite dei principi Colonna, una delle più importanti e influenti famiglie dell’epoca. Giunto nel capoluogo partenopeo poi, si guadagna ben presto la stima di un altro ammiratore non da poco, il vice re di Napoli l’uomo più potente della penisola dopo il papa. È abbastanza difficile quindi pensare a un Caravaggio disperato e che nello stesso tempo viveva nel lusso di suntuosi palazzi con personaggi di questo calibro che gli dicevano: “Tu dipingi, per il resto non ti preoccupare che ci pensiamo noi a mettere una buona parola, non corri nessun rischio.” Anche il fatto che dipingesse tutte quelle teste decapitate perché nel colmo del tormento rivedeva se stesso in quei soggetti è un po’ una forzatura: un fondo di verità c’è, ovviamente, ma ricordiamoci che nell’antichità gli artisti non dipingevano ciò che volevano ma ciò che veniva loro commissionato. Quei soggetti quindi gli venivano richiesti come gli venivano richiesti i molti San Francesco che ha dipinto ma su cui non si è fatta nessuna congettura.
Ciò che conta è l’arte.
Con questo non si vuole certo dire che Caravaggio non sia un personaggio complesso, tutt’altro. Ma ciò che lo
caratterizza e lo differenzia dagli uomini del suo tempo è il suo genio, non il suo carattere irascibile e la sua vita estrema. Sono le sue opere che lo hanno reso grande, il senso di profonda conoscenza dell’animo umano, nel bene come nel male, che esse emanano. Ricorderò sempre quando a diciotto anni, scendendo nell’oratorio della Concattedrale di San Giovanni de La Valletta a Malta, mi trovai di fronte alla Decollazione di San Giovanni Battista di Caravaggio. Quello che provai davanti a quel quadro non l’ho più provato di fronte a nessun’altra opera d’arte.Per un interessante confronto tra Caravaggio e Michelangelo vi consiglio l’articolo a questo link.
Per un approfondimento sulla vita di Caravaggio invece potete dare un’occhiata qui.
Qui trovate la puntata di “Il Tempo e la Storia”: link
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