Ora invece sembra spuntare un agguerrito concorrente che sembra stracciare quelle caratteristiche tanto conclamate come superiori.
Da uno studio pubblicato da alcuni ricercatori giapponesi (Mingjie Liu, Vasilii I. Artyukhov, Hoonkyung Lee, Fangbo Xu, Boris I. Yakobson) su Arxiv è spuntato fuori un serio superconcorrente.
Si tratta di un supermateriale chiamato carbyne sempre basato sul carbonio, ma molto più resistente del grafene e addirittura più duro del diamante.
Questo materiale è strutturato da una catena di atomi di carbonio congiunti alternativamente e sequenzialmente da legami alternativamente tripli e singoli o da legami doppi .
I ricercatori, autori della ricerca, dichiarano che per spezzare una singola catena atomica (all’interno della struttura molecolare di questo speciale materiale) occorre una forza superione di almeno 10nN (nanoNewton) rispetto a quella necessaria per rompere un qualunque altro materiale esistente.
Altra peculiarità interessante di questo materiale è che il suo comportamento cambia a seconda del materiale con cui interagisce. Dichiarano infatti i ricercatori che, se si aggiunge una molecola come il metilene, l’ntera molecola diventa malleabile.
Le applicazioni ipotizzate a livello teorico sono allora tantissime tanto da aspettarsi che nanostrutture basate sul carbyne rivoluzioneranno, grazie alle particolari doti di resistenza e leggerezza, i campi della nanotecnologia, dell’high-tech e dell’ottica, compresi i dispositivi opto-elettromeccanici (si parla anche di microlenti e microsensori) .
La scoperta, molto recente, sembra essere una sponda di salvataggio alle nanoricerche sul grafene in quando è recente un allarme lanciato da alcuni scienziati della Brown University riguardo la sua imprevista pericolosità.
Questa ricerca, pubblicata di recente, mostra come dei sottilissimi fogli di grafene dallo spessore monoatomico possano perforare le membrane delle cellule con una facilità inattesa.
Il team di ricercatori, (composto da biologi, ingegneri e studiosi di scienza dei materiali), ha inizialmente simulato l’interazione tra grafene e cellule a livello molecolare nonostante che i modelli matematici sembravano non permettere tale fenomeno.
Approfondendo però con modelli di analisi più complessa si è scoperta la reale natura del grafene nonché la sua forma irregolare e penetrante che consentirebbe, a questi sottilissimi fogli, di perforare e penetrare le membrane ed addirittura le cellule.
Se infatti queste teorie venissero confermate e tali materiali venissero involontariamente inalati, impiantati o iniettati (per esempio come componenti biomedicali), potrebbero venire a crearsi problemi veramente seri per la salute umana.
A fronte di questo eventuale pericolo è stata avviata una serie di studi per comprendere al meglio quanto l’interazione del grafene con le cellule umane siano tollerate e quanto pericolose, in modo da andare ad assolvere o condannare questo promettente materiale.
Le male lingue (compreso me) ora diranno che, sebbene vi sia esplicito interesse a proteggere la salute, vi sono fin troppe ricerche ed investimenti in atto, tali da mettere sempre il dubbio che il grafene sia un prodotto pericoloso per l’uomo (in fondo l’economia viene sempre prima di tutto, no?).
Probabilmente si agirà come si è fatto per i carburanti negli scorsi decenni: una volta dichiarato fuorilegge il piombo sulla benzina, si è passati ad inquinamenti ben più subdoli e pericolosi (non si poteva certo gettare al macero anni di studi ed investimenti sui catalizzatori) una scelta sciagurata che, ovviamente, ci ha passati dalla padella alla brace!
Ora, sperando e tifando per il successo e la sicurezza di questi nuovi materiali, invio un saluto.
P.S. Mi segnalano un interessante (ed attinente) servizio di Piero Angela su Superquark che parla di nuovi materiali visibile sul sito RAI Replay (posizionarsi con highlights sul capitolo materiali bio ispirati time 1:19:11). Grazie Mauro!