Carciofi alla Cavour

Da Pixel3v

Ha inizio la settimana della cucina dell'Unità d'Italia quest'oggi, secondo il Calendario del Cibo Italiano: un argomento complesso di cui non è semplice tracciare le linee. Ma ci è riuscita per noi Giulia Robert del blog Alterkitchen, che è ambasciatrice di questa settimana, e vi invito a leggere il suo post ufficiale sull'argomento. Per lei, e per voi, io lascio il mio contributo, la ricetta dei Carciofi alla Cavour, non prima, però, di avervi raccontato qualcosina del contesto storico 😉


Come ci racconta il Professor Danilo Gasparini in questo video, tracciare un profilo della storia della cucina italiana è una bella impresa. Tuttavia, possiamo identificare alcuni momenti salienti che hanno contribuito alla storia della nostra gastronomia: inizialmente il Medioevo, con l'esplosione delle città e la stesura dei primi ricettari, quasi tutti anonimi; poi il periodo rinascimentale, con i grandi cuochi delle corti, periodo che comprende anche le scoperte delle nuove terre, con l'arrivo dal Nuovo Mondo di prodotti che hanno cambiato le nostre tavole, arricchendole di alimenti come le patate, i pomodori, il peperoncino, il tacchino, il cacao, anche se non tutti questi prodotti sono stati adottati subito (vedi la patata). Questi importanti momenti storici sono le prime testimonianze che abbiamo della costruzione dell'Unità d'Italia, un'unità sulla tavola prima ancora che sul piano politico.


La prima testimonianza scritta post-unità d'Italia è sostanzialmente l'opera di Pellegrino Artusi, " La Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiar Bene ": l'Italia è un insieme di tante cucine, e l'Artusi è riuscito a dotare gli italiani di un vero "ricettario nazionale", unificando il paese negli usi gastronomici e segnando la nascita della cucina italiana moderna, attraverso la creazione di un codice di identificazione nazionale.

Dal punto di vista politico, tra gli artefici dell'Unità d'Italia non possiamo non citare Camillo Benso Conte di Cavour, sostenitore di idee liberali, progressiste e nazionaliste, che riuscì a gestire tutti gli eventi politici che portarono alla formazione del Regno d'Italia nel 1861. Le testimonianze che ci sono arrivate circa le sue abitudini alimentari ci fanno capire come Cavour fosse una presenza ingombrante non solo negli equilibri politici, ma anche in quelli gastronomici: amante della buona tavola, essa era per lui quasi una terapia di riequilibrio, capace di ristabilire l'armonia tra il peso delle responsabilità di statista e la consapevolezza leggera di essere, in fin dei conti, un uomo come tutti gli altri, con le stesse esigenze fisiche.
Ma non solo: sembra che il buon cibo fosse per lui parte integrante della sua abilità politica, così come il buon vino. Nel bagaglio dei suoi diplomatici, impegnati in delicate missioni estere, Cavour si preoccupava infatti di far mettere sempre una buona bottiglia di Barolo - prodotto dalle tenute della sua famiglia - l'asso nella manica che avrebbe potuto dare la spinta decisiva a delicate e complesse trattative: un'ottima strategia di marketing territoriale 😉


Che la buona tavola fosse per Cavour una grande passione fin da piccolo, lo raccontano anche le parole del padre che, in una lettera a sua moglie, ironicamente scrisse: " Nostro figlio è un ben curioso tipo. Anzitutto ha così onorato la mensa: grossa scodella di zuppa, due belle cotolette, un piatto di lesso, un beccaccino, riso, patate, fagiolini, uva e caffè. Non c'è stato modo di fargli mangiar altro!".
Camillo fin da giovane amava soprattutto intingoli e sughi, al punto che oggi il suo nome designa diversi tipi di guarnizioni, codificate dalla cucina internazionale: scaloppine di vitello o animelle brasate, risotto mantecato con il tuorlo, gli agnolotti e la celebre finanziera. Se davvero Cavour gradiva tutte queste preparazioni e le richiedeva assiduamente tanto da associarne le ricette al nome, è legittimo sospettare che passasse molto tempo seduto al tavolo (e non a quello delle trattative 😛 ), anche se va detto che a quel tempo era quasi una moda dedicare i piatti ai personaggi storici, in modo da regalare alle ricette nobiltà e tipicità.
Il Ristorante, con la R maiuscola, in cui Cavour soleva pranzare era il Ristorante del Cambio della sua Torino, inaugurato nel 1757 e gioiello storico della città: il locale non solo conserva ancora, nella sala più ampia, il tavolo dove abitualmente Cavour sedeva, ma propone nel suo menu molte delle ricette sopra citate che erano tanto care al Conte.

Insomma, appare chiara la predilezione di Cavour per il buon cibo. Non è un caso che fosse sua abitudine ripetere che " cattura più amici la mensa che la mente"... E non è un caso che la sera del 26 aprile 1859, dopo aver respinto l'ultimatum dell'Austria che intimava al Piemonte di smobilitare l'esercito ai confini e dopo aver proclamato la II Guerra d'Indipendenza, il conte abbia esclamato: " Alea iacta est (il dado è tratto, insomma la decisione è stata presa) e adesso andiamo a mangiare".
E adesso andiamo a mangiare anche noi, con questa semplice ma gustosa ricetta che rispecchia decisamente i gusti del Conte (pare che fosse uno dei piatti che era solito farsi servire) e che, ovviamente, ne porta il nome!

Paolo Paci, Qui mangiava Garibaldi, 2011, De Agostini
http://www.mastercucinaitaliana.it/ita/menu-top/news/l-unita-d-italiavista-dalla-cucina http://www.pellegrinoartusi.it/pellegrino-artusi-lunita-ditalia-in-cucina-documentario/ http://www.accademiaitalianacucina.it/it/content/carciofi-alla-cavour
http://www.academiabarilla.it/ricette/piemonte/carciofi-alla-cavour.aspx
http://www.angiecafiero.it/2011/01/28/a-tavola-con-camillo-benso-conte-di-cavour-da-la-repubblica/

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