È conosciuto anche come “carciofo di Schito”, dal nome di una frazione di Castellammare di Stabia considerata, già in epoca romana, particolarmente vocata all’orticoltura. Prova ne è che la zona, non lontana da Pompei, era identificata con il toponimo “orti di Schito”.
Il carciofo di Castellammare è un sottotipo della varietà Romanesco, da cui si differenzia per l’epoca di produzione anticipata e il colore delle bratte, verdi con sfumature viola. La precocità è data dalla particolare mitezza del clima e dall’abitudine di rigenerare le piante ogni anno. All’epoca della ripresa vegetativa vengono scelti i migliori carducci, i germogli erbacei laterali che spuntano tutt’intorno alle piante madri, prelevati insieme a piccole porzioni di rizoma e trapiantati a dimora.
Un’altra particolarità è data dall’antica tecnica colturale, tradizionalmente associata a tale varietà. Era uso, infatti, coprire la prima infiorescenza apicale (mamma o mammolella) con coppette di terracotta (pignatte o pignattelle) realizzate a mano da artigiani locali. La protezione dai raggi del sole, assicurata dalla pignatta nella fase di accrescimento del carciofo, lo rende particolarmente tenero e chiaro.
Il carciofo è un ingrediente dalla grande versatilità, impiegato in diverse preparazioni, dall’antipasto al secondo. Ha un legame forte con la tradizione della Pasqua, che normalmente coincide con il periodo centrale della produzione. In particolare, il carciofo arrostito nella brace è il piatto simbolo del lunedì di Pasquetta. Si usa il carciofo intero, posto direttamente nella brace di un barbecue. Quando è cotto (dopo circa mezz’ora) viene ripulito delle foglie bruciacchiate, condito con sale, pepe, prezzemolo, aglietto fresco e un filo di olio e consumato in abbinamento agli insaccati della tradizione contadina (in particolare dei Monti Lattari): salame e soppressata.
Il Presidio
La piana che dalle pendici del Vesuvio si stende fino a Castellammare e Sant’Antonio Abate, è storicamente uno dei centri di riferimento per l’orticoltura del centro-sud Italia. Negli ultimi trent’anni, la cementificazione selvaggia e il boom della floricoltura hanno notevolmente ridotto gli spazi dedicati alle coltivazioni tradizionali.
Il Presidio mira alla riconversione all’orticoltura dei terreni storici, attraverso la promozione di uno dei prodotti simbolo della cucina campana e napoletana in particolare.
Nel periodo di raccolta le mamme sono molto ricercate sul mercato napoletano per la grande qualità organolettica, mentre i carciofini più piccoli sono poi usati per la trasformazione sott’olio.
Area di produzione
Comuni di Castellammare di Stabia, Gragnano, Pompei, Sant’Antonio Abate, Santa Maria La Carità (provincia di Napoli).
Stagionalità
La raccolta si effettua come primizia da fine febbraio ad aprile/maggio, il periodo centrale della produzione coincide con le festività pasquali.
FONTE: Presidi Slow Food