Dolcezza macabra
del Sacro Cuore
che gronda il viscoso
rubino del sangue innocente,
l’amalgama ideale
per allappare i sensi.
Tutto torna: l’involontario
muscolo, flagello per ogni
fioritura inaspettata,
pompa la sua mistificazione
in ogni verso ed appiana
dimensioni, un Tolomeo
da abbattere per l’anima:
non ha potuto Freud
quanto Galileo.
Il fascismo indiscreto
e compassionevole della normalità
aggiudica al migliore offerente
l’alternativa del giorno
che smania d’essere
scaffalata tra le nuove conformità.
Reclami millenari d’organi
operai si sfogano in borborigmi,
rutti e flatulenze, tra scoppi
d’ilarità di neutre maschere
dal prognatismo oculare.
Il cuore, le tenebre, la luce,
il fiato corto dell’istinto
rattrappito e seviziato,
l’icona che prolunga
la sua ombra, ma non cede.
Lo spirito si dibatte
per divincolarsi dal cardiaco
controllo: che non sia più
regno assoluto del muscolo
tirannico, ma libera Repubblica
Federale degli organi.