Cari amici,
oggi in Israele è Yom Hazikaron, la giornata del ricordo dei caduti per l'indipendenza di Israele e delle vittime del terrorismo. Ma stasera inizia Yom Haatzmaut, la festa dell'indipendenza. E vale la pena di parlarne, dato che si tratta del sessantacinquesimo compleanno di Israele, una cifra non semplice da portare per una persona come per un paese e che autorizza una riflessione sulla direzione presa. Per esempio i sessantacinque anni dell'Italia unita caddero nel 1926, quando era già avanzata la realizzazione del totalitarismo fascista; nel 1831 gli stati Uniti erano grandi meno della metà di oggi ed erano presieduti da Andrew Jackson, che iniziò una campagna sistematica contro gli Indiani d'America; nel 1935 in Germania comandava già Hitler e si costruivano i primi campi di prigionia.
Anche Israele riflette su di sé, naturalmente e l'ha fatto in forma molto concreta alle elezioni di due mesi fa, imponendo un forte rinnovamento del quadro politico, senza però rovesciarlo, come alcuni avrebbero sperato. Il quadro è anzi quello di una spinta riformista in una sostanziale continuità. E la ragione è il grande successo del modello israeliano, lo straordinario percorso compiuto in questi 65 anni. Tutte le utopie novecentesche, il socialismo di Lenin, quello di Mao e quello di Castro, i vari tipi di fascismi, di nazionalismi, di regimi terzomondisti e gli islamisti, sono clamorosamente fallite sul piano dei diritti umani e dell'economia. Si presentavano come strumenti di emancipazione e di realizzazione, si sono realizzati come forme più o meno tremende di oppressione e di schiavitù. Il sionismo è la sola utopia novecentesca che si sia realizzata e abbia raggiunto i propri obiettivi: ha costruito uno Stato per un popolo disperso e umiliato, gli ha dato dignità e fierezza, soprattutto sicurezza, libertà e democrazia, ha realizzato il miracolo di costruire una lingua e una cultura unitaria fra persone provenienti da mezzo mondo, ha costruito una scienza, una cultura, un'arte e una letteratura, ma anche un'economia fra le più vivaci e fiorenti del mondo intero. E' difficile trovare nella storia l'esempio di un successo del genere.
Un successo ottenuto con un contesto estremamente sfavorevole. Dalla fondazione dello Stato, anzi da decenni prima, dai primi pogrom di cent'anni fa, gli arabi locali si accanirono contro le comunità e gli insediamenti ebraici con stragi e attentati che richiesero un impegno straordinario nell'autodifesa. La proclamazione dello stato, legittimata dalla Società della Nazioni e poi dall'Onu, fu accolta con la guerra da tutti i paesi vicini, cento volte superiori per popolazione e superficie. Le guerre di distruzione del nuovo Stato si ripeterono per i trent'anni successivi, e cessarono solo per il fatto di essere tutte fallite; seguì una forma particolarmente acuta di terrorismo interno e internazionale, con dirottamenti aerei e stragi in tutto il mondo. Il tentativo di fare la pace con gli arabi con gli accordi di Oslo, che doveva indicare loro un percorso di realizzazione economica e sociale nella convivenza pacifica, fu usato per creare delle basi di guerriglia più o meno armata, dalle pietre ai coltelli ai fucili ai missili; attentatori suicidi attaccarono continuamente il territorio israeliano, uccidendo donne e anziani e bambini a centinaia. Da ultimo i terroristi si sono travestiti da oppressi e hanno inaugurato una guerriglia politica diplomatica e giudiziaria, con l'appoggio dei paesi arabi e musulmani ma anche degli antisemiti di Occidente, non solo aperti neonazisti ma anche travestiti da comunisti in lotta per la liberazione dei popoli, da pii cristiani preoccupati per le miserie dell' "occupazione".
Si è spesso diffamato Israele come un paese "coloniale", ma i fatti mostrano il contrario. Il paese coloniale che dominava il Medio Oriente fino a sessantacinque anni fa, la gran Bretagna, non solo impedì in tutti i modi l'immigrazione ebraica sotto il suo mandato prima della proclamazione dello stato, contravvenendo all'incarico esplicito della comunità internazionale e contribuendo così alla Shoah più di chiunque altro, a parte la Germania nazista. Ma votò contro l'istituzione dello Stato e armò e diresse l'esercito giordano che occupò e "pulì etnicamente" metà del territorio del Mandato. L'appoggio americano fu molto fragile all'inizio e sempre limitato - furono gli americani a bloccare le avanzate dell'esercito israeliano dopo ogni vittoria militare, a impedire che queste vittorie diventassero decisive sul piano politico. L'Urss appoggiò tiepidamente Israele all'inizio per imbarazzare la Gran Bretagna, ma poi divenne un nemico implacabile di Israele, alleata dei regimi arabi reazionari. L'Europa si schierò in genere dalla stessa parte, per interesse economico e forse anche per antisemitismo. Insomma Israele ha vinto quasi da solo, grazie alla lucidità dei suoi dirigenti e all'eroismo del suo esercito.
In questi decenni Israele è stato uno straordinario laboratorio sociale. Partito con una struttura economica quasi socialista, dominata dal sistema dei kibbutz e dalla forza del sindacato unico e del partito laburista - il solo esperimento vero di socialismo democratico radicale mai realizzato, è stato capace di smantellare tutto questo apparato quando ne è emersa l'inadeguatezza all'economia moderna; è stato capace anche di passare dall'agricoltura fieramente praticata dai primi pionieri all'alta tecnologia che oggi è il nerbo della sua economia, dall'abolizione della proprietà privata che caratterizzava la vita del kibbutz alla "start up nation". Ha accolto milioni di immigrati, ha saputo far convivere liberamente con la maggioranza ebraica minoranze arabe, druse, musulmane, cattoliche. Vi vivono a modo loro i haredim più attaccati ai costumi tradizionali dell'ebraismo dei ghetti e i ragazzi di Tel Aviv, coi costumi più liberi del mondo.
Nonostante tutte le calunnie che vengono prodotte industrialmente ai suoi danni, e nonostante la guerra cui continua a essere esposto è un esempio di integrazione di tolleranza unico al mondo. Per gli ebrei di tutto il mondo è la garanzia di sicurezza, la patria ancestrale ritrovata, la ragione di una fierezza ben fondata: non c'è altro paese al mondo che, in proporzione al numero di abitanti vanti altrettanti Premi Nobel e grandi scrittori, scoperte mediche e registi cinematografiche, società tecnologiche innovative e università in vetta alla classifica mondiale, studiosi dei testi classici del pensiero ebraico e fisici teorici. Non c'è un posto al mondo dove la vita sia così rispettata, la cultura così stimata, il successo economico e scientifico così stimolato, la felicità individuale così diffusa. Buon compleanno Israele, magnifico giovane Stato che si rinnova sempre!
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