C’è una condizione artistica che nella sua pratica divincola i corpi fra le maglie di una agitazione sociale che appartiene allo svalutamento dell’uomo, avvolto e risucchiato nella marea nera della mercificazione, nei simboli estremi che ovattano le percezioni, le smussano, le condizionano, fino a trascinarle su tracciati diversi. In questo magma di segni, di conflittualità comunicative, si snoda, divincola, lotta, la pratica artistica di Carl Heyward, artista visivo, scrittore, che da San Francisco arriva a Lecce con una double solo exhibition inaugurata lo scorso 6 aprile presso Scaramuzza Arte Contemporanea e che lo vedrà impegnato anche a Ceglie Messapica presso Garage 21. L’evento è supportato da Monnalisa HG, progetto che nasce nel cuore di Lecce, da uno spazio privato che una volta al mese apre le porte all’arte ed al processo creativo. La mostra è a cura di Monica Lisi.
Carl Heyward espone i suoi lavori a livello internazionale, spaziando fra pittura, mail art, poesia verbo-visiva, graffitismo, è anche collocabile nella pratica del libro d’artista. I suoi lavori sono archiviati e collezionati presso The Sackner Archives, Califia Books, The New Museum of Art (NY), SF Museum of Modern Art Library, SF Art Institute, SF Academy of Art University, Yale University Art Library, The Australian National Gallery and Sonoma County Museum of Modern Art.
È possibile riscontrare nella pratica artistica di Carl Heyward un percorso che da un certo uso dei simboli appare accostabile all’esperienza dell’artista newyorkese Ray Johnson, teorico e caposcuola della mail art – di quell’arte postale di cui lo scorso anno ricorrevano i 50 anni dalla fondazione ufficiale, era il 1962 quando Ray Johnson istituì la “New York Correspondence School”. Ma il tracciato di Heyward procede lungo una commistione di generi, sia artistici che materiali, fino a generare i mixed media nell’intreccio di linguaggi verbo-visisi ed una sorta di graffitismo scritturale che si nutre dell’esperienza urbana della street art americana amalgamandosi, nella ripetizione simbolica degli elementi, con la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, da Benjamin a Warhol. Il tessuto comunicativo dell’opera di Heyward munge alla condizione metropolitana dell’attore sociale soffocato fra l’esasperazione di una sovrastimolazione significante, simbolica, e lo scorrimento di raffiche di sagome umane che si posano sul tessuto urbano svanendo, amalgamandosi in una zona d’ombra che pare annullare la condizione vitale dell’uomo. Così nella sua opera appaiono corpi. Corpi che si ripetono. Corpi stratificati, tumultuati nel ventre agitato della mercificazione estrema. Corpi. Corpi. Corpi coperti da una stratificazione simbolica imponente legata ad un tempo alla pratica verbo-visiva e ad un altro tempo alla concettualizzazione pop. La realtà dei mixed media di Heyward appare in una sorta di liberazione dell’afflato sociale che riverbera nelle escrescenze verbo-visive, in una sorta di graffitismo della mail art, in una esposizione artistica che appare come riproposizione di un network sociale, urbano, dimenticato perché affogato nel suo stesso sovraffollarsi.
Francesco Aprile
2013-04-10
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