Gianmario Lucini, Per il bosco, CFR
Avrebbe dovuto intitolarsi: Quaderno dei dialoghi perduti, questo percorso dentro il bosco, lungo le sue immagini stampate in bianco e nero, forse come desiderio di lasciare alla memoria il compito di risvegliarne il colore.
La forza di questa lettura sta nel suo penetrare le emozioni, in quel tocco sapienzale che ripercorre, nella bellezza dei paesaggi, una genesi atavica, perchè la Natura è terreno dominante, così come la solitudine quando varca le sue soglie più segrete, con la consapevolezza dello stupore e il disincanto della rassegnazione.
Ci si addentra nell’intimo viaggio di un uomo, dell’uomo che vuole affrontare il mistero di un tempo interiore, che mostra i suoi orizzonti come: “Guanciali di gioia sulla pietra” (pag. 22), *Piccoli fiori sulle alture
***
Guanciali di gioia sulla pietra
dove il crinale accarezza il sorriso del cielo
nel silenzio passiamo i giorni dell’estate;
acceso il viola che trema nel vento
a rammentare che la vita è soltanto un frammento
di tenace poesia,
che la Storia è anche questa lontananza
che non conosce storia,
di magnifici poemi
che non conoscono parole.
***
Il colore brulica dentro i pensieri, nell’oro del silenzio e nel vermiglio delle solitudini, quelle disseminate lungo i declivi delle alture, o lungo i sentieri verso il cuore della selva.
***
lasciano segni le dita dell’Immenso
sulla tenera scorza della terra,
lasciano riflessi le sue lacrime,
colori d’indaco e d’arancio
e crepe e ferite
che il crepuscolo farà sanguinare;
ma la notte tutto assorbe
nel grande abisso del Nulla:
spalanchiamo dunque gli occhi nella notte
come fa la civetta,
risaliamo l’abisso della notte
con la tenacia della formica …
***
Oscurità e bagliore accompagnano questo viaggio, questo intimo bisogno di ritorno, all’essenziale delle cose, all’antico richiamo del tempo, alla bellezza, effimera, del creato.
***
Quando possiederai la mitezza dei miei occhi saremo
fratelli e vedrai colori
mai veduti,
conoscerai il destino
come conosci l’ora del giorno
avrai il coraggio di accucciarti sulla nuda
terra schermandoti l’occhio
alla troppa luce.
Non ci sono ragioni per l’improvviso
tuffo al cuore,
non ragioni per l’anelito
al punto dove attende ogni essere.
l’amore è soltanto
madre.
***
Alla fine della lettura, si avverte forte la dimensione superiore dell’uomo, quella che lo avvicina alla dimensione divina, a quell’”Eterno orizzonte di pace”, condanna e rifugio da sempre.
***
Su questa panchina potrei anche morire
figgendo lo sguardo sulle nevi di maggio
ed esalare il “Nunc dimittis” con il cuore in subbuglio
per tanta pace e avvertendo sul capo
finalmente sgombro levissimo
il respiro dell’Eterno.
Carla Bariffi