Nei giorni scorsi la Commissione giustizia del Senato ha bocciato il testo base della legge contro l’omofobia che estendeva i contenuti della legge Mancino del 1993: un anno di carcere non solo per chi istiga all’odio razziale etnico o religioso ma anche contro le persone omosessuali. Il testo è stato bloccato a seguito dell’asse formato da Lega, Pdl e Udc.
In una nota il ministro Elsa Fornero ha espresso il suo rammarico per la bocciatura: «Come Ministro delle pari opportunità, esprimo il mio profondo rammarico per la bocciatura in Commissione Giustizia della Camera della proposta di legge contro l’omofobia e la transfobia. Il riconoscimento della specificità dei reati di omofobia e transfobia rappresenta un principio di civiltà, riconosciuto con una specifica disposizione normativa. Questa è una richiesta pressante che viene dalla società civile, così come dalle istituzioni internazionali ed europee che ci sollecitano ad adottare misure adeguate per la protezione delle persone dagli intollerabili atti di violenza a sfondo omofobico e transfobico di cui purtroppo leggiamo quotidianamente».
Da Tempi il senatore del Pdl Carlo Giovanardi ha così replicato: «Io non so cosa legga il ministro ma credo i membri del governo prima di parlare dovrebbero approfondire gli argomento di cui trattano. Per quale ragione, infatti, una violenza nei confronti di un omosessuale dovrebbe essere punita più gravemente di una violenza, per esempio, nei confronti di una donna? L’unica risposta seria potrebbe essere un dilagare di episodi di omofobia o transfobia a fronte di una situazione di generale rispetto nei confronti delle donne. Nel nostro paese le cose non stanno affatto così, come si evince dai dati che emergono dalla tabella della Direzione centrale della Polizia Criminale presso il ministero degli Interni. Come si vede, infatti, circa il 90 per cento delle violenze sessuali coinvolge vittime di sesso femminile mentre soltanto il 10 per cento, compresi i casi di pedofilia, coinvolge vittime di sesso maschile, che non si sa se siano omosessuali».
Giovanardi ha ragione: è opportuno informarsi prima di parlare.
Infatti i reati contro gli omosessuali (lesioni, aggressioni, etc.) di solito non riguardano casi di violenza sessuale quindi le statistiche su questo tipo di reati sono inutili quanto le statistiche sui furti per conoscere l’entità del fenomeno dell’omofobia.
Purtroppo la nostra polizia – a differenza di quanto avviene negli Usa – non pubblica le statistiche sui cosiddetti “crimini di odio”: ossia quelli che avvengono in base alle caratteristiche della persona (crimini per motivi razziali, etnici, religiosi, orientamento sessuale, etc.).
Il senatore del Pdl conclude in questo modo il suo articolo: «Bene ha fatto pertanto il Parlamento a bocciare per l’ennesima volta il tentativo di stabilire per legge che sia meno grave violentare, percuotere o massacrare una donna rispetto ad un delitto analogo perpetrato nei confronti di un omosessuale. Il principio che va viceversa esaltato è che il Codice penale deve punire con grande severità ogni tipo di violenza che venga esercitata nei confronti di qualsiasi persona umana, a prescindere dal sesso o dagli orientamenti sessuali».
Forse è necessario fare qualche chiarezza. Il reato di omofobia (anche se sarebbe più corretto parlare di Legge Mancino) non sarebbe applicabile automaticamente se venisse fatta violenza su una persona omosessuale: se la violenza avvenisse per motivi che non hanno nulla a che vedere con la sua omosessualità (magari per rubargli il portafogli o in seguito ad una normale discussione) il reato di omofobia non troverebbe applicazione. Ovviamente la suddetta legge troverebbe applicazione solo se un omosessuale fosse fatto oggetto di violenza proprio per i suoi orientamenti sessuali (pensiamo ai casi di molte coppie gay aggredite mentre passeggiavano tranquillamente).
Inoltre attualmente esistono già delle differenze stabilite dalla legge. In base alla legge Mancino se una persona dovesse diffondere parole di odio verso i cattolici o si accanisse verso un cattolico in virtù del suo credo religioso sarebbe punito più severamente. Inoltre bisogna ricordare che risulta circostanza aggravante di un reato (art. 61 Codice Penale) «avere commesso il fatto contro (…) una persona (…) rivestita della qualità di ministro del culto cattolico»: quindi – ad esempio – una violenza commessa contro un prete viene punita in misura maggiore rispetto alla stessa violenza commessa contro una persona comune.
Se per Giovanardi il «principio che va viceversa esaltato è che il Codice penale deve punire con grande severità ogni tipo di violenza che venga esercitata nei confronti di qualsiasi persona umana» perché una violenza commessa contro un cattolico in virtù della sua fede religiosa o contro un prete sono punite maggiormente rispetto alla violenza commessa contro una persona comune (eterosessuale o omosessuale)? Giovanardi sarebbe disposto a cancellare l’aggravante della pena per i reati commessi contro i preti?