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Uno e un solo punto di vista con cui si snoda la ricostruzione della Comencini sull'ultimo giorno di vita di Carlo Giuliani: quello di sua madre.“Vivamus, mea mater, atque amemus”. Con questo classico verso catulliano Carlo Giuliani si rivolge, infatti, in apertura proprio alla madre in una delle poesie scritte nell’adolescenza.
Un documento straordinario per la forza e la lucidità con cui minuto per minuto la donna fa rivivere quei momenti, di una donna straziata che ha avuto come ultimo sollievo quello di ripercorrere quegli ultimi istanti tante volte col pensiero, per essere virtualmente vicina a quel figlio morto da solo. Per strada.
Una ricostruzione assai coerente dei fatti, convincente, esatta. Che fa tremendamente rabbia, ma che fa sperare. Che un'Italia civile, coraggiosa, davvero diversa e orgogliosa di esserlo esista, nonostante tutto.
"Carlo uscì con il costume da bagno sotto i pantaloni, non aveva ancora deciso se andare con un amico al mare oppure alla manifestazione...Mi hanno colpito subito queste parole iniziali di Heidi Gaggio Giuliani. Ho pensato a che sciocche fatalitè fanno fare le scelte sbagliate. Ma poi andando avanti con il filmato ho capito che a sbagliarmi ero io. Che io, come tanti, ero stata vittima delle "scelte comuni, popolari, vigliacche". Scappare di fronte al pericolo.
Quel 20 luglio del 2001, Carlo fa una scelta oculata, come quando sei al bivio della tua vita: decide di sacrificare una giornata di sole e di mare per scendere in una piazza già annebbiata dai gas lacrimogeni, le cariche della polizia sui manifestanti pacifisti erano già cominciate e Carlo che passa da lì vi assiste. Nelle immagini si vedono dei “misteriosi” Black Block cacciati dagli stessi manifestanti (“Andate via, venduti, noi non siamo violenti” gridano loro) ma che,invece, lasciati indisturbati, mettono a ferro e fuoco molte zone della città ligure. Voi cosa avreste fatto trovandovi lì? Avreste girato le spalle e sareste andati al mare?
"Colpito in faccia, rimase subito paralizzato nel lato sinistro del corpo e cadde a terra... La camionetta dei carabinieri in retromarcia gli passò sul corpo due volte, sul bacino e sulle gambe, poi sparì dalla scena senza prestare soccorso... Prima che morisse, lo presero a calci in faccia". Parole terribili, pronunciate con calma, pacatezza, pazienza, intelligenza, da parte di una donna che ha scandagliato ogni minimo frangente potesse parlargli ancora di Carlo. Le immagini parlano chiaro: quando Carlo si china a prendere l'estintore, la pistola è già puntata: legittima difesa quindi? Verso un gesto che ancora non si è compiuto?
“Cosa vuoi fare con quella pistola? Ma mettila via!”. La madre cerca di ricostruire l'ultimo pensiero che balena nella testa di un Carlo per qualche secondo ancora vivente. Chissà quante volte ha riguardato quegli ultimi frammenti di vita di Carlo. “E’ stato condannato a morte e prima dell’esecuzione è stato anche torturato” e poi ricorda il valore storico della Resistenza.
La toccante intervista, che vi consiglio di recuperare, è intramezzata da testi e poesie del ragazzo (anche in inglese, o in latino nella traduzione di Erri De Luca), da ricordi di famiglia e naturalmente dalle immagini scelte tra quelle girate a Genova e quelle più intime in bianco e nere riprese dall'album di famiglia.
Ho voluto ricordare Carlo così. Andando a cercare materiale degno che lo riguardasse, per rendergli tributo, memoria. Non ho grosse parole da spendere, solo tristezza, amarezza, preferisco quindi far mie le parole della madre in un passaggio dell'intervista: "E'diversa la violenza di chi attacca, da quella di chi si difende" Carlo si è difeso. Fino a rimetterci la vita stessa. Ciao Carlo.
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