Era ora. E' da anni che lo diciamo, i personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport, i "simboli" di Roma, dovrebbero esporsi di più e denunciare l'ignobile e raccapricciante stato di degrado della nostra città. Interviste come questa a Carlo Verdone sono destinate a fare rumore e a far riflettere le persone. Non è il giornalista di Repubblica o del Corriere di turno che parla, ma uno dei simboli di questa città. Nell'immaginario collettivo Carlo Verdone rappresenta l'essenza della romanità. Le sue parole non sono dettate né da astio né da odio, bensì dal dolore. E pesano come un macigno, come un pugno allo stomaco. "Io voglio bene alla mia città, ma vedere come la trattiamo mi fa rabbrividire". E' qui la sintesi di tutta l'intervista. Un'atto di accusa talmente ovvio e scontato, anzi perfino moderato nei toni, che ci chiediamo come mai sia arrivato con tale ritardo, quando ormai la situazione sembra essere irreparabile. Ormai Roma è una città allo sbando, devastata dal degrado, dall'incuria, dall'abbandono, dalle mafiette. Una città che provoca il vomito ad ogni angolo, che ci propina quotidianamente scenette vergognose, inaccettabili, indegne, estranee alla civiltà. Basta quindi con la retorica della "dolce vita" che non c'è più o della "città più bella del mondo". Roma è una fogna di città, un ricettacolo di animali selvatici, incivili banditi. Una vergogna senza inizio né fine. E la colpa di questo scempio inaudito è sia dei cittadini che degli amministratori. "Per la paura di perdere voti non cambiano mai nulla. Basterebbe mettere delle regole: nessuno lo fa. E il risultato e che viviamo un nuovo scandalo ogni 24 ore. E loro continuano a dare un colpo al cerchio e uno alla botte: basta!". Ipse dixit. Grazie Carlo.
Era ora. E' da anni che lo diciamo, i personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport, i "simboli" di Roma, dovrebbero esporsi di più e denunciare l'ignobile e raccapricciante stato di degrado della nostra città. Interviste come questa a Carlo Verdone sono destinate a fare rumore e a far riflettere le persone. Non è il giornalista di Repubblica o del Corriere di turno che parla, ma uno dei simboli di questa città. Nell'immaginario collettivo Carlo Verdone rappresenta l'essenza della romanità. Le sue parole non sono dettate né da astio né da odio, bensì dal dolore. E pesano come un macigno, come un pugno allo stomaco. "Io voglio bene alla mia città, ma vedere come la trattiamo mi fa rabbrividire". E' qui la sintesi di tutta l'intervista. Un'atto di accusa talmente ovvio e scontato, anzi perfino moderato nei toni, che ci chiediamo come mai sia arrivato con tale ritardo, quando ormai la situazione sembra essere irreparabile. Ormai Roma è una città allo sbando, devastata dal degrado, dall'incuria, dall'abbandono, dalle mafiette. Una città che provoca il vomito ad ogni angolo, che ci propina quotidianamente scenette vergognose, inaccettabili, indegne, estranee alla civiltà. Basta quindi con la retorica della "dolce vita" che non c'è più o della "città più bella del mondo". Roma è una fogna di città, un ricettacolo di animali selvatici, incivili banditi. Una vergogna senza inizio né fine. E la colpa di questo scempio inaudito è sia dei cittadini che degli amministratori. "Per la paura di perdere voti non cambiano mai nulla. Basterebbe mettere delle regole: nessuno lo fa. E il risultato e che viviamo un nuovo scandalo ogni 24 ore. E loro continuano a dare un colpo al cerchio e uno alla botte: basta!". Ipse dixit. Grazie Carlo.
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