Anti-eroi. Mercenari. Fuorilegge. Senza codice e senza regole. Topoi “caratteristici” che molte persone comuni hanno voluto da sempre imitare. Fonti di ispirazione per libri, come nel caso de Il giorno dello sciacallo (The Day of the Jackal, 1971) di Frederick Forsyth, o anche lungometraggi e fiction dei generi più svariati, da quello più romanzesco a quello più “biografico”. Ergo, argomenti che da sempre hanno affascinato lettori e spettatori di qualsivoglia decade. Naturalmente, questo dato, preso singolarmente, non rappresenta il successo dei prodotti che abbiamo appena menzionato. La bravura dell’ideatore è necessaria, anzi indispensabile, per rendere l’opera appetibile al pubblico. Nel caso che analizziamo in questo articolo, essa è senza dubbio emblematica. Parliamo della miniserie per il piccolo schermo Carlos (2010), giunta sugli schermi italiani e trasmessa da Sky nei mesi di aprile e maggio 2011. La fiction, co-prodotta da Francia e Germania, è diretta dal regista francese Olivier Assayas, che ha firmato opere quali Désordre – Disordine (Désordre, 1986), L’eau froide (1994) e Demonlover (2002).
Essa è ispirata ad ascesa, declino e caduta del militante e mercenario venezuelano Ilich Ramírez Sánchez, noto con lo pseudonimo Carlos, e soprannominato dalla stampa “Lo sciacallo”, poiché alcuni cronisti ritrovarono il libro di Forsyth, che abbiamo richiamato all’inizio dell’articolo, fra i suoi beni personali. Il soggetto dell’opera può benissimo essere ascritto ai topoi del preambolo di questo articolo, tranne per la caratteristica: senza codice. Infatti, il suo codice, il suo credo, era uno solo: il marxismo. Ma non vogliamo dilungarci su questioni politiche in questa sede, bensì analizzare le caratteristiche della serie televisiva in oggetto.
Ad impersonare il nostro anti-eroe, è l’attore, anch’egli venezuelano, Édgar Ramírez, noto per aver partecipato a lungometraggi come The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo (The Bourne Ultimatum, 2007) di Paul Greengrass, Che – L’argentino (The Argentine, 2008) e Che – Guerriglia (Guerrilla, 2008) di Steven Soderbergh. Mutaforme e trasformista sono i primi due termini che ci vengono in mente per definirlo. La sua professionalità e la genialità del regista forniscono lo spaccato di un’epoca, con cambi di scena che sono la trasposizione perfetta dell’incessante scorrere del tempo.
Gli anni passano veloci anche sul “palcoscenico”, ed il protagonista muta il suo aspetto da avvenente pioniere ad infiacchito e logorato fuggiasco, consumato dalla pesantezza di una vita ai margini ed in costante fuga. L’attore, grazie alla sua magistrale interpretazione, ha vinto il Premio César 2011, come migliore promessa maschile. Ma bisogna dare anche merito ad Assayas. Il montaggio, a tratti frenetico, a tratti colto in istanti di “statica tensione”, è “rubato” al cinema. Abbiamo davanti un prodotto che, niente più niente meno, si potrebbe ascrivere al mondo del grande schermo. Eccellente anche il modo di “raccontare” la storia: il taglio è quasi giornalistico, impeccabile.
Una vera e propria “radiografia” di un’epoca, di anni “incandescenti”, che si proietta nell’arco temporale 1973-1994. Un vero e proprio ventennio di ferro e fuoco, ottimamente integrato da filmati d’archivio che ritraggono storicamente e fedelmente le terribili e temibili gesta di Carlos. Dulcis in fundo, è senza dubbio notevole e determinante l’apporto “musicale” dato da un’eccellente colonna sonora. In essa troviamo sia pezzi provenienti dalla scena punk e post-punk anglo-americana, con brani di Dead Boys, New Order e Wire; sia dal cantautorato folk o di matrice rock latino del profondo Sud America. Sonorità che, da disarmoniche e contrapposte, si tramutano in un collage perfetto di suoni, teso a delineare un groviglio di sentimenti, sfide, lotte ed idee di generazioni, così lontano e allo stesso tempo vicino alla nostra epoca.
La miniserie ha ricevuto diverse candidature e premi fra i quali un European Film Awards 2010, per il miglior montaggio, ed un Golden Globe nel 2011 come miglior miniserie. Un gran successo, dunque, per un prodotto che, come abbiamo già sottolineato precedentemente, si colloca al di là del piccolo schermo. E se nel mercato TV, con innumerevoli serial, la produzione statunitense ha quasi il monopolio internazionale, possiamo affermare che anche in Europa, ogni tanto, nascono prodotti di questo genere di pregevole fattura e di squisita godibilità. Consolazioni purtroppo effimere, se guardiamo al panorama mediocre, soprattutto nostrano, costellato da fiction di infima qualità.