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Carmelo Viola

Creato il 13 gennaio 2012 da Nicolaief

Stato e neoliberismo

Lo Stato è nato – non certo dall’oggi al domani – in contrapposizione al Medioevo, di quando ogni forza costituiva un “potere” concorrenziale di parte in un contesto di “bellum omnium contra omnes”. Stato sarebbe dovuto significare sin da sempre strumento giuridico (per meglio intenderci: espressione del diritto naturale) per la soddisfazione di tutti i diritti reali dei soggetti di una collettività, non più sudditi ma cittadini “sovrani” (come recita, ma solo retoricamente, la nostra Costituzione) ma anche per regolare l’altra faccia dei diritti, che sono certamente i limiti dei beni usufruibili e quindi i doveri.
Non è avvenuto così. Quando la monarchia assoluta – creatura medioevale nata dal principato – si è fatta, per forza di cose, costituzionale, ripudiando l’autocrazia (più o meno divina) e aprendo la strada alla democrazia, le cose sembravano avviate verso il meglio. La socialdemocrazia ha fatto pensare per poco ad uno Stato dispensatore di socialità in uno spirito di equità e di sensibilità al bisogno. Ma, sotto le spoglie della pratica elettorale, spacciata come panacea “democratica” di tutti i problemi sociali, si è insinuata, subdola e traditora, la restaurazione medioevale non già rinnegando lo Stato – ormai imprescindibile – ma svuotandolo di ogni “intervento protettivo” a favore della collettività.
E’ il neoliberismo, caratterizzato dal passaggio dei servizi naturalmente pubblici dalla gestione statale, che può avvenire senza fini di lucro, alla gestione di privati, ovvero di uomini di affari, che avviene sempre e necessariamente per fini di lucro, più precisamente di parassitismo, usura e ladrocinio a tutto danno dei veri produttori della ricchezza (lavoratori) e della collettività in genere. Pertanto, non comprendo tanta preoccupazione di avere padroni italiani come se questi, in quanto padroni, non fossero tanto predatori quanto quelli stranieri. Quella di una compagnia di bandiera, di sola facciata, è una retorica che affonda in un mare di pietoso ridicolo. La verità è che i nostri “padroni di casa” vogliono sentirsi più a loro agio chiamando in causa la patria, l’italianità, il paese e pretesti demagogici della fattispecie.
La logica della vera economia (che è scienza naturale!) vorrebbe che, in casi di gravi crisi del genere, la prima cosa da fare fosse l’assunzione della gestione da parte dello Stato, operazione che si chiama “nazionalizzazione” – ma questo significherebbe creare un precedente nella logica del liberismo, che è tutto un insieme di “giochi” competitivi tra padroni, grossi e piccoli, e che chiama spregiativamente assistenzialismo ogni intervento dello Stato se non addirittura – con una logica da “apprendista stregone” – comunismo, il quale, invece, è l’assenza di ogni mercato, privato o pubblico.
Carmelo Viola, 2008


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