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La trama (con parole mie): i Longstreet e i Cowan, due coppie della borghesia medio/alta di New York, si incontrano nell'appartamento dei primi per discutere delle conseguenze dello scontro tra i loro figli pre-adolescenti.
Il rampollo dei secondi, infatti, a seguito di una lite ha colpito il coetaneo con un bastone provocandogli la rottura degli incisivi anteriori ed un trauma fisico che ha lasciato sconvolti i suoi genitori.Il dialogo, nato come una pacifica analisi del problema, degenera inesorabilmente scoprendo tutti i nervi di una società inevitabilmente basata sull'ipocrisia e sulla menzogna, scatenando le neppure troppo sottili cattiverie degli adulti nel profondo completamente disinteressati alle vicende che hanno coinvolto i loro stessi figli.
Ebbene sì, avete visto bene.Lo dico chiaro e tondo, tanto per non creare equivoci di sorta: credo che Carnage, opera ultima del grandissimo - e resta tale, sia chiaro - Polanski sia inequivocabilmente, inesorabilmente, assolutamente sopravvalutata.Certo, resta un film ben fatto, portato in scena con la mano fatata di un grande regista e pervaso da tutta la magia della teatralità, interpretato discretamente - e non, come è stato scritto quasi ovunque, in maniera magistrale: Waltz e la Winslet ci hanno abituati a ben altro -, reso tagliente da tutta la forza di una sceneggiatura legata a doppio filo ai limiti e alle miserie che, in quanto appartenenti all'umanità "civilizzata", ci vede coinvolti in prima persona a prescindere dal nostro grado di "bontà".Eppure, nel corso di questi ottanta minuti scarsi di apparente - ma neppure troppo - violenza pare quasi di assistere ad una messa in scena simile a quella che i protagonisti portano nei loro salotti finto cortesi da the pomeridiano, tanto da farmi pensare che, nella stessa situazione e con la stessa materia tra le mani, Haneke o ancor più il Maestro Bunuel avrebbero potuto davvero portare sul grande schermo un'opera terrificante in grado di incidere così tanto il cuore dello spettatore da non poter più essere dimenticata.Polanski - che nello stesso genere aveva fatto sicuramente molto meglio con La morte e la fanciulla -, pare inesorabilmente accecato più dal suo stesso mestiere che non dalla voglia di comunicare il disagio che dovrebbe portare il cosiddetto "dio del massacro" nei cuori degli spettatori, e finisce per perdersi in citazioni evidenti del suo collega austriaco - l'apertura ed il finale, soprattutto - e nella libertà d'azione fornita al grande cast, così grande da smarrirsi in gigionerie di classe che, senza se e senza ma, restano gigionerie.Non so se, rispetto a questo mio giudizio, sia stata l'aspettativa altissima a lasciare l'amaro in bocca a fine visione, ma ammetto di essermi anche tendenzialmente annoiato a tratti di fronte ai fiumi di parole che i protagonisti riversano sull'audience senza, tutto sommato, sconvolgere quanto vorrebbero mostrando una cattiveria che, a mio parere, è già ben evidente nella realtà che ognuno di noi vive quotidianamente all'interno dell'intricata matassa di relazioni sociali che intratteniamo con vicini, colleghi, capi e quant'altro.Dunque, il cinismo irritante di Waltz - l'uso del cellulare, pur non essendo originalissimo, mi è parso come uno degli spunti più interessanti dell'intero lavoro nella contrapposizione tra l'irritazione degli altri personaggi e le risate suscitate negli spettatori ad ogni nuovo squillo -, la presunzione democratica della Foster - sicuramente la più ispirata del quartetto, oltre che, decisamente, la più clamorosamente irritante -, i tentativi di cortesia di grana grossa di John Reilly - che meriterebbe molto più del consueto ruolo da spalla - e la nevrosi galoppante della Winslet, più che stupire o sconvolgere, diventano lo specchio rassegnato di una società che ha già passato, purtroppo, il momento dello stupore a fronte dei suoi nervi scoperti, e che rischia di non reagire di fronte ad un'opera come questa, che vorrebbe essere geniale e sconvolgente, e risulta soltanto come un tentativo già vecchio di abbattere mura che sono ormai troppo fortificate per assalti come questo.
Per quanto mi suoni strano, anche considerato il fatto che Carnage è stata una visione certamente più interessante e goduta dal sottoscritto, a fronte di qualcosa come Kynodontas questo lavoro di Polanski perde tutta la potenza devastatrice cui ambirebbe, e finisce per restare imprigionato nel troppo poco soddisfacente campo degli esercizi di stile fini a se stessi.
Un pò come i suoi protagonisti, che piangono sul giorno "più infelice delle proprie vite" e finiscono per ridursi come criceti proprio mentre il roditore che speravano di avere eliminato - il tarlo della società? - riconquista la libertà, proprio di fronte ad un tacito accordo che i figli paiono aver ricevuto in eredità dai propri genitori - e futuri se stessi -.
MrFord
"Your cruel device
your blood, like ice
one look could kill
my pain, your thrill."Alice Cooper - "Poison" -
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