Magazine Cinema
Ritratto di famiglie in un interno. O forse meglio: ritratto di un inferno. O, appunto, di un massacro come lascia intuire il titolo. Niente paura, non c'è sangue. Il "Carnage" che mette, letteralmente, in scena (vista l'origine teatrale della sceneggiatura) Roman Polanski è puramente sentimentale ed intellettuale. Il regista polacco adatta al cinema la pièce di Yasmina Reza e decide di non allontanarsi eccessivamente dall'impostazione teatrale del testo. Due coppie discutono tra le quattro mura di un appartamento di New York e, per tutta la durata del film, non si andrà oltre salotto, cucina e bagno. La trama è presto detta: il figlio di una delle due coppie (Winslet - Walz) avrebbe malmenato il pargolo dell'altra (Foster - Reilly), dopo, pare, un bisticcio tra bande. I genitori si incontrano per sistemare apparenza e normali tensioni. Ma il buon salotto degenererà. Il film comincia con i convenevoli e termina con l'abbattimento di qualsiasi formalità. Polanski presenta innanzitutto gli individui immersi in apparenti equilibri familiari, "schiavi" di quelle formalità alla base del "buon vivere civile". Poi l'esplosione (o l'implosione?). Man mano che la discussione si anima, emergono i lati più "animaleschi" di uomini e donne. Aiutati dall'alcol, le singole individualità si spogliano di tutte le sovrastrutture, mostrando le frustrazioni e le nevrosi, i vizi e le debolezze, ben nascosti normalmente. La pellicola raggiunge picchi eccelsi grazie ad un mix di ottima recitazione (tutti bravissimi, con Walz superlativo. La Foster invece forse troppo stereotipata) e sceneggiatura ben oliata che mette bene insieme ironia ed intelligenza, critica feroce alla società occidentale e cura nella costruzione dei personaggi.Purtroppo però il ritmo denso e coinvolgente non rimane costante, nonostante la breve durata del film e sul finale l'intelligenza della costruzione narrativa cede il passo a luoghi comuni e al "già sentito".Nell'insieme, però, è un film che vale la pena vedere e... attenzione ai Blackberry!
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