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Carne alla Brass

Da Pim

(Pubblicato su Trovacinema il 12 aprile 2002)

Senso '45Per quale pubblico Tinto Brass realizza i suoi film? Non certo per il colto cinéphile attratto dal remake di Senso - decaduto a polpettone pseudoerotico e infarcito di inquadrature ginecologiche. Non certo per il vecchio frequentatore di cinemini porno di periferia. Non certo per l’infra18enne in vena di svaghi - il quale, via telematica, può usufruire di ben altro materiale. Non certo per l’acquirente di riviste - che infila invariabilmente sotto Il Sole 24Ore - o video porno - dalla tipica aria furtiva e le movenze alla Gatto Silvestro con cui esce dai Sex-shop.

Il fatto è che il Nostro ha da tempo smarrito il senso (appunto) di ciò che va facendo, e più invecchia più diventa patetico. E dire che negli anni ’60 fu assistente di registi di grido, quindi autore sul filone di Ferreri. Poi, a cavallo degli ‘80, la svolta nel genere erotico-patinato provvisto di ambizioni letterarie, raggiungendo l’acme della filmografia personale con La Chiave (da Tanizaki).

E fin qui la cosa pareva avere un senso (ancora).

Da allora, il limite tra eros d’Autore e pornografia, tra softcore e hardcore, si è fatto via via sfuggevole, indefinibile. E Brass si è sTinto, ha smarrito la misura ed è scivolato nel marasma (ormai senile) più completo. Dopo aver ampiamente illustrato le proprie ossessioni - natiche, sodomia, pissing - il Nostro si è dimostrato incapace di dire altro. Per un verso ha cercato di nobilitarsi con citazioni sempre più alte (che c’entra però Grosz con l’orgia di Senso ’45?), per un altro è svaccato in provocazioni che vorrebbe estreme, ma in verità sempre più stantìe e palesemente fasulle. Senza più scandali o sorprese, diventando maniera di se stesso.

Nonostante insista ripetutamente che la rappresentazione che fa del sesso è gioiosa e giocosa, a me pare piuttosto che ne trasmetta una visione regressiva: esibizionista ma priva di quel piacere autentico che dà l’esibirsi, voyeurista ma senza la consapevolezza di ciò che si guarda, sporcacciona di una sporcaccioneria fine a se stessa. Come un grasso maialotto che si rotola nel fango solo per rinfrescarsi, comunica un modello di sessualità artefatta invece che trasgressiva.

Il tutto visto poi nell’ottica di un maschilismo greve che va nella direzione opposta delle intenzioni. Il suo punto di osservazione è quello del regista (maschio), e mai della protagonista (femmina): con essa non cerca in nessun grado di immedesimarsi ma, al contrario, la costringe ad identificarsi con la propria virilità. Così facendo, mostra un autentico sprezzo delle differenze psicologiche tra i sessi. E poi mi sembra che abbia perduto completamente i contatti col mondo femminile, poiché continua a mettere in scena uno stereotipo erotico largamente superato e che sopravvive soltanto nella sua fantasia. Non parlo qui di donna-oggetto. Mi riferisco piuttosto alla donna d’oggi, la quale è ben consapevole della propria sessualità e la esercita liberamente, avendo da tempo superato quei tabù di cui vagheggia tanto il Nostro - invero con malcelata nostalgia. Donna che, azzardo, nella realtà lo costringerebbe a una rapida capitolazione.

Non sfugge infine un’ipocrisia di fondo: Brass si spinge sino ai limiti dell’hardcore senza compiere il passo decisivo per varcarne la soglia. Pare davvero un controsenso mettere le mutande alle proprie fantasie, soprattutto in un periodo storico in cui il sesso è facilmente fruito e fruibile. Ciò accade solo per la deficienza di quel talento visionario che appartenne, ad esempio, a Bunuel? O piuttosto non si tratta di un tacito compromesso commerciale - la soglia del limite ai minori di 18 anni, che Senso ’45 ha peraltro superato e di cui egli si è già lagnato? Un compromesso che tradirebbe dunque la tanto sbandierata anarchia e che, piuttosto, rivelerebbe fondato il sospetto che, dietro la maschera tanto esibita dell’immoralismo programmatico, si celi invece un’ideologia ben più conformista e speculatrice.

In definitiva, il laido Tinto si è ormai esTinto. Non basta il suo sigaro sempre più grosso (temo ormai solo più quello) a tenerne acceso il ricordo.

Senso '45, di Tinto Brass, con Anna Galiena, Gabriel Garko, Franco Branciaroli (Italia, 2001, 128').


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