Carne arrabbiata di Carlo Simoncini

Da Funicelli
Dovrebbe far da coppia con il saggio di Bruno Tinti"Toghe rotte", uscito nel 2007, questo libro dell'avvocato-scrittore Simoncini: il primo racconta i guasti della giustizia nel mondo della magistratura, questo racconta cosa voglia dire portare avanti il lavoro di avvocato cercando di rispettare le leggi, la deontologia professionale e la propria coscienza.Non è sempre facile: ci sono cause (civili) rognose per natura; cause in cui anche se si è vinto, il cliente pensa di aver preso meno di quanto si aspettava; la causa è durata troppo a lungo. Può capitare anche di aver perso la causa, per un cavillo (un intoppo burocratico), per una certa interpretazione del giudice o per un suo errore .In questi casi, il cliente non sarà mai contento. Perchè l'avvocato lavora con "carne arrabiata" (da un proverbio bergamasco): "i preti vive de carne morta,i dotori de carne malada,i avocati de carne rabiada".
Tutte queste storie sono raccontate con gli occhi di Lorenzo, avvocato di uno studio a Bergamo ereditato dal padre (con cui nel passato non aveva avuto un buon rapporto).
Lorenzo è un buon padre di famiglia, con due bambine e che porta avanti il suo lavoro tenendo a mente pochi principi: separare il lavoro dalla famiglia; non farsi coinvolgere emotivamente dalle persone; non procacciarsi i clienti buttandosi nei circoli in cui si incrocia la gente che conta in provincia; essere onesti col cliente, ovvero non gettargli fumo negli occhi, ne promettere vittorie impossibili.
Al centro del racconto, la vicenda di una causa civile, intentata da un inventore (il signor Bugatti) per il riconoscimento della potestà sui brevetti realizzati nel corso della sua carriera lavorativa in una grande impresa, la Soliman.Azienda che per le sue scoperte, non gli aveva mai riconosciuto nulla, sostenendo che fosse tutto dovuto per il suo stipendio. Il libro inizia con la morte di Bugatti e, in un lungo flash back, ne ripercorre la storia processuale, che ha coinvolto Lorenzo anche dal punto di vista personale.Questo processo (le perizie di parte, le udienze col pretore, i colpi bassi della controparte) diventa così una lotta per affermare i diritti del più debole nei confronti del più forte.
La causa diviene pretesto per raccontare come funziona spesso la giustizia in Italia, ma è anche un modo per raccontare delle disillusioni professionali e politiche di un professionista.Disilluso dalla politica che stentava a cogliere i cambiamenti (il racconto è negli anni successivi a Tangentopoli); disilluso da un tessuto sociale della sua città, che spesso gira a piedi, per mettere in ordine i sui pensieri.
"Una città così bella per tanti aspetti, ma anche così chiusa nei suoi riti, nelle sue abitudini, nel suo tartufismo. Mentre cammina lungo il viale, sotto gli ippocastani, Lorenzo guarda questa città a cui tante volte si sente estraneo. Vorrebbe mandare tutti all'inferno. E' un momento così. Rimugina.
Una città che rifiuta ciò che turba il quieto vivere, che vive con fastidio le cose insolite, qualunque evento possa alterare le abitudini consolidate.
Questa condizione è dovuta anche a chi, per decenni, ha sparso a piene mani, dalle colonne della stampa locale, la retorica della laboriosità. A chi ha dipinto questa gente come gente sana, senza grilli per la testa, che quindi non si occupa di 'politica' e di 'cultura', ma pensa ai fatti suoi, secondo una logica di oscurantismo reazionario che bolla negativamente tutto ciò che va oltre il proprio particolare, dove la creatività è sottomessa all'omologazione.
Dove disturba tutto ciò che stimola il senso critico, tutto ciò che costringe a pensare.
Disturba e impaurisce quello che rimette in discussione certezze consolidate, rapporti sociali, gerarchie, tutto ciò che toglie i veli dell'ipocrisia. Dove si detesta chiunque scopra le cose che vanno tenute nascoste, come i tartufi che vanno sottoterra".
Carne arrabiata pagina 211.
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